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Il Palazzo di Giustizia
La costruzione del Palazzo di Giustizia di Trieste nei documenti dell'Archivio di Stato
Premessa
Fare una storia della costruzione del palazzo di giustizia a Trieste, non è cosa
facile, poiché vuol dire percorrere un itinerario temporale, nella storia della
città, che va dal 1895, anno in cui si parla, nei primi documenti ufficiali, "circa
la costruzione in questa città di un Palazzo di giustizia", al 1936, anno in
cui il Palazzo, già operativo dal 1929, fu completato definitivamente. Vuol dire
scorrere eventi, a cavallo di due secoli, di un’importanza fondamentale come l’irredentismo,
la Grande Guerra, la dissoluzione dell’impero austro-ungarico ed il ventennio fascista
in Italia.
Questo lavoro si propone un compito descrittivo, e non interpretativo, di fonti
originali tratte dall’Archivio di Stato di Trieste e non avrebbe potuto essere svolto
senza il gentilissimo aiuto del personale dello stesso ad ogni livello. Consente
di leggere alcuni tra i documenti ufficiali chiave nelle fasi della deliberazione
e della esecuzione della costruzione.
Questa icona segnala la possibilità, facendovi clic sopra, di leggere il documento
ufficiale di cui si tratta nel testo.
Negli altri casi la fonte è sempre indicata con nota testuale.
Il tutto è stato suddiviso in due capitoli: "L’Impero" e "La Nazione".
Si è voluto chiamarli così per sottolineare quale cambiamento epocale rappresenti
il periodo in questione. Due concezioni di se stessi, del rapporto con le istituzioni
e dello Stato, in altre parole della vita stessa. Il primo (l'Impero) rimanda a
una realtà multietnica divisa in due grosse entità: l’Austria e l’Ungheria, connotate
da forte autonomia di governo nei rispettivi territori, nella cultura e nella lingua;
in entrambe sono fortemente presenti larghe fasce di popolazione di altre nazionalità.
Fattori unificatori primari sono per tutti la monarchia degli Asburgo e l’esercito,
la cui lingua ufficiale è il tedesco.
Nel 1895, Trieste è parte dell’Austria. Tutti i documenti ufficiali visionati sino
all’arrivo dell’Italia sono bilingui, primariamente in tedesco, lingua ufficiale
dell’amministrazione della parte austriaca, ed in italiano negli atti sia della
Dieta (o Giunta Provinciale) che del Municipio. Sono bilingui anche le copertine
dei fascicoli del Tribunale d’Appello, mentre i documenti ministeriali sono spesso
rilegati da sottili cordoncini bicolori: gialli e neri oppure rossi e bianchi, colori
degli Asburgo e nazionali austriaci. La Luogotenenza è ciò che per noi è la Prefettura.
Ha funzioni di controllo e fa da cinghia di trasmissione tra il Governo di Vienna
e le amministrazioni locali che godono di notevole autonomia. La maggior parte dei
documenti di questo periodo provengono da versamenti fatti dalla Corte d’Appello
di Trieste all’Archivio di Stato di Trieste; sono presidiali del Tribunale d'Appello
del Ministero di Giustizia austriaco, note e dispacci.
è, a quanto pare, compito del Tribunale d'Appello provvedere alla traduzione
delle missive; il tutto è steso, peraltro, in bellissima grafia, anche le minute.
Con il nuovo secolo i dispacci del Ministero di Finanza e del Magistrato Civico,
non sono più redatti a mano ma dattiloscritti.
L’Italia che arriva a Trieste con la vittoria della Grande Guerra è uno Stato nazione
ed un Paese nuovo. Il lungo percorso di unificazione conclusosi idealmente con la
Redenzione di Trento e Trieste nel 1918 è stato, contrariamente all’unificazione
germanica, lento, difficile e soprattutto sanguinoso. Mentre la Germania di Bismarck
scandisce la sua unificazione in un contesto già federale che vede uniformarsi istruzione,
moneta e mercati, l’Italia è costretta ad annettere territori o assimilare situazioni
radicalmente differenti fra loro. Paese agricolo, all’uscita della prima guerra
mondiale lo sarà meno, essendosi create per le esigenze belliche sacche di territorio
altamente industrializzate, soprattutto nel nord–ovest.
A Trieste gli anni della Redenzione sono difficili. La gestione delle Terre Liberate,
cui fa capo un apposito ministero, è affidata, con poteri militari e civili, al
Comandante della V Armata, Generale Tenente Conte Petitti di Roreto. Nei primi anni
del dopoguerra il rapporto con la popolazione e le sue minoranze è esasperato sia
dalla difficile situazione economico-politica dell’Italia sia da confini ancora
non ben definiti e che accordi internazionali bloccheranno su posizioni che lasceranno
insoddisfatti vasti settori della società italiana, alcuni dei quali si riconosceranno
nel mito della vittoria mutilata.
I documenti esaminati nella seconda parte del lavoro sono stati versati all’Archivio
di Stato di Trieste dalla Prefettura di Trieste, quasi tutti dattiloscritti, nelle
sue previe denominazioni di Regio Governatorato della Venezia Giulia, che gestisce
le Terre Liberate fino al 1922, e di Regia Prefettura della Provincia di Trieste,
i cui atti concludono la fase della costruzione, nonché dalla Corte d’Appello. Importanti
i capitolati d’appalto che descrivono un procedimento formale altamente evoluto
anche per i tempi attuali e del tutto assenti nei documenti austro–ungarici.
L’impero
È la Dieta Provinciale di Trieste nel Febbraio del 1895 a richiedere, tramite la
Luogotenenza, all’I.R. Presidenza del Consiglio dei Ministri, per motivi umanitari,
"la costruzione di un nuovo Palazzo di Giustizia con annesse carceri inquisizionali"
(1).
La proposta, accolta con una certa sollecitudine, viene comunicata alla Giunta Provinciale
il 16.04.1895 notificando l’invio del consigliere del Dipartimento edile del Ministero
dell’Interno, Teodoro Hödl, "all’uopo di assumere delle rilevazioni sopra luogo
in oggetto".
Con Prs. n° 3217/95 dd. 14.09.1895 veniva inoltrata alla Delegazione Municipale,
l’intenzione del Ministero di Giustizia di incaricare l'I.R. Presidente del Tribunale
d'Appello cav. dott. Edoardo de Kindinger "di avviare delle trattative in nessun
modo obbligatorie per il Sovrano Erario circa l’acquisto di un idoneo fondo per
la costruzione ..." chiedendo al Comune di Trieste una "dichiarazione
concreta in riguardo alla contribuzione di una quota del prezzo od anche concessione
gratuita del fondo da parte del Comune stesso".
Il Magistrato Civico dott. Ferdinando Pitteri, con nota n° 48604 dd. 26.02.1896
risponde con un metaforico "no se pol", il Municipio non ha soldi; Vienna
insiste per la cessione di un fondo gratuitamente.
Dopo un intenso scambio di missive si arriva ad un accordo con la presentazione
da parte della Delegazione Municipale (onorevoli Dompieri, Gairinger, Schellander,
Ventura e Vio), tramite il Podestà Ferdinando Pitteri che assicura Vienna del suo
personale interessamento, di una proposta di vendita a prezzo agevolato. In data
7.10.1896 questa viene presentata al consiglio comunale, firmata dal Podestà e dal
relatore ass. Parovel. In uno stampato facente parte del bollettino ufficiale del
Municipio si riproduce il verbale dell'intervento del Podestà in Consiglio Municipale;
nel carteggio vi si trova il biglietto da visita "Dr. Ferd. Pitteri Podestà
di Trieste".
Si redige un resoconto delle richieste del Sovrano Erario e si fa la stima dei fondi
presi in considerazione calcolando i costi di ricostruzione per gli edifici adibiti
a servizio pubblico ed i cessati guadagni per ciò che è stato affittato a privati,
concludendo che la stima fatta dall’Ufficio Tecnico della Commissione lavori Pubblici
del Comune è pressappoco la cifra offerta da Vienna per l’acquisto e che visto che
questi soldi servono a fini pubblici non si può presupporre un guadagno per la vendita
e così si conclude: "Il Comune di Trieste s’impegna di cedere al Sovrano Erario
a scopo di costruzione di un palazzo di giustizia i fondi N.ri tav. 65, 146, 260,
261, 262, e 263, di Scorcola, della superficie complessiva di mq 19,996, più il
tronco della via della Fontana fra le vie Coroneo e Fabio Severo, dell’area di mq
1,110, assieme mq 21,106, che in seguito a incorporazioni d’aree per uso stradale
saranno ridotti a mq 16,108, compresi gli edifici esistenti sui fondi stessi, al
prezzo di stima di fior. 324,919, con ciò che a tale impegnativa il Comune si riterrà
vincolato per l’epoca di 6 mesi dal giorno dell’odierno deliberato, ed a condizione
che nella eventuale costruzione vengano rispettate da parte dell’Eccelso Governo
le linee di fabbrica stabilite nel piano di scomparto approvato nel 1877 sulle vie
Fabio Severo, Crociera e Coroneo."
Ma il percorso non è così semplice, vari intoppi rallentano la stesura del contratto
di compravendita non ultimo il cambio del Podestà. Finalmente il 25.7.1898 il contratto
viene firmato dall’avv. dott. Carlo Dompieri come Podestà, M. Luzzatto e Giorgio
Benussi per la delegazione municipale ed Edoardo cav. dott. de Kindinger in qualità
di Presidente dell’I. R. Tribunale di Appello. Il documento è quasi interamente
bipartito e bilingue: italiano, tedesco.
I problemi iniziano quasi immediatamente, la presa di possesso dei fondi con regolari
Protocolli da parte del Ministero di Finanza va a rilento in quanto gli edifici
affittati ai privati, quelli comunali ed in particolare la caserma della gendarmeria
non danno luogo al previsto sgombero.
Si profila un contenzioso con i militari in quanto la guarnigione non sloggia in
mancanza di una residenza alternativa ed il comune percepisce gli utili senza dare
all’Erario il dovuto (2); solo nel 1907 il municipio
troverà locali adatti allo scopo (3). A questo punto
è il municipio a fare pressione per l’inizio dei lavori con una lettera dd. 19.02.1910
"all’Inclita presidenza dell’I. R. Tribunale d’Appello di Trieste", sottolineando
che ai rilevanti sacrifici fatti potrebbero aggiungersi, se non iniziassero in tempo
i lavori, quelli di un dilazionamento dei lavori relativi ai nuovi edifici una volta
insistenti sui fondi ceduti per la costruzione del palazzo. A questo nel dicembre
del 1906 si associa un certo "Consorzio fra Maestri Costruttori edili e Maestri
Muratori di Trieste", che chiede tra l’altro che la costruzione venga fatta
completamente in pietra del Carso (4). Ulteriore ritardo
procurano modifiche al progetto iniziale (5) e le proteste
dei privati impossibilitati a sloggiare nei tempi previsti dalla stagione (pieno
inverno), dalla brevità dei termini di sgombero dovuti al tardivo passaggio di consegne
Vienna/Comune, dalla mancata conclusione del nuovo scalo legnami da parte del municipio
e dall’alto costo delle operazioni di sgombero (6).
Solo dopo il 15.02.1912, data inderogabile del termine di sfratto alla ditta di
deposito legnami Demetrio Marco, è possibile iniziare ufficialmente i lavori (7).
Il 28.06.1914 a Sarajevo viene assassinato in un attentato l’erede al trono dell’impero,
l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie. Esattamente un mese più tardi, dopo
un ultimatum alla Serbia di quarantotto ore, l’Austria dichiara guerra alla Serbia,
è l’inizio della Prima Guerra Mondiale e sarà la fine dell’impero.
La nazione
Il 31.03.1919 il Dipartimento Tecnico del Regio Governatorato della Venezia Giulia
con nota n. 4870/19 intitolata "Direttive di massima per la rielaborazione
del progetto del nuovo Palazzo di Giustizia in Trieste" definisce i punti della
revisione del vecchio progetto del costruendo Palazzo in modo da adattarlo ad uno
stile di gusto artistico italiano: rifacimento delle facciate esterne, stradali,
ambienti interni e scaloni, tutto verrà fatto in pietra bianca calcarea, rifacimento
in "stile italiano", più ampia e migliore utilizzazione del terzo piano.
Viene bandita una gara di progettazione architettonica nella quale "il R. Governatore
della Venezia Giulia si riserva la libera scelta tra i progetti presentati".
Concorrono tre studi di architetti per l’esecuzione dei lavori: gli architetti Ruggero
ed Arduino Berlam, il professor Enrico Nordio ed il professor Lodovico Braidotti
ai quali viene corrisposto un premio come previsto dal bando sopra menzionato di
£it. 5.000 cadauno che vanno a sommarsi alle spese di costruzione preventivate in
£it. 5.000.000 circa "prendendo però per base i prezzi unitari di prima della
guerra" (8).
I diversi progetti degli architetti vengono presentati alla commissione il 17.07.1919,
che a sua volta li trasmette in forma relazionale al Governatore.
Sarà il prof. arch. Enrico Nordio a vincere la gara con l’ingiunzione che "i
lavori vengano iniziati eventualmente ai primi del mese di Febbraio 1921".
Di fatto l’incarico gli viene affidato il 26.02.1921 ed autorizzato con lettera
del Commissariato Generale Civile No 821/431 del 26.03.1921 (9).
Cominciano ad arrivare le domande con i documenti per la partecipazione alle gare
d’appalto. Queste seguono una procedura precisa e prevista dal Capitolato Generale
per le suddette, approvato con decreto legge ministeriale 28.05.1859 e modificato
con i decreti ministeriali 8.11.1900, 9.06.1916 e 4.05.1921.
La procedura, scrupolosamente seguita nelle sue fasi formali e di pubblicazione,
prevede la presentazione di un attestato penale e di moralità, un certificato di
idoneità che attesti che il concorrente ha eseguito "per conto proprio, o diretto
per conto altrui, lavori pubblici o privati analoghi a quelli da appaltarsi, nei
quali abbia dato prove di perizia nell’eseguimento e nella direzione". Verrà
depositata una cauzione pari ad una somma tra un decimo ed un trentesimo dell’importo
del lavoro da appaltarsi e che verrà restituita a stipulazione del contratto. Le
offerte "dovranno portare un tanto per cento di ribasso sul prezzo di appalto,
applicabile a tutti indistintamente i lavori, tanto a corpo quanto a misura".
È proprio su quest’ultimo punto che si focalizzano le polemiche sull’appalto dei
lavori.
È del gennaio 1921 una nota dell’ufficio Gabinetto del Commissariato Generale Civile
per la Venezia Giulia che riporta un’interrogazione dell’on. Giacometti all’Ordine
del giorno 18.12.1920:
"Il sottoscritto chiede di interrogare il Presidente del Consiglio dei Ministri
e il Ministro delle ricostituzioni delle terre liberate, per chiedere se di fronte
all’enorme disoccupazione della massa edile della città di Trieste, non ritengano
di disporre perché sia dato immediato inizio alla costruzione del palazzo di giustizia
nella stessa città, costruzione strappata con danno dello stesso erario alla Cooperativa
edilizia della regione Giulia ed assunta da un’impresa privata, la quale tende a
rimandare l’esecuzione a Primavera per speculare su di un ipotetico ribasso alle
mercedi operaie" (10).
Il 24.08.1921 viene inviato al Ministero per le Terre Liberate un memoriale della
Cooperativa edilizia della Regione Giulia:
"Con nostro sommo rincrescimento però abbiamo dovuto constatare che dalle disposizioni
d’asta regolanti il concorso a detto lavoro risulta che l’assegnazione del lavoro
non sarà già fatta al miglior offerente, ma in base al prezzo medio della scheda
massima o minima; sistema che indubbiamente avrà dei vantaggi ma che pure offre
inconvenienti non indifferenti sia per i concorrenti seri che per lo stato; giacché
qualora una ditta costruttrice, e più ancora una cooperativa di lavoro , le quali
pure offrono tutte le garanzie di una perfetta esecuzione del lavoro, si trovino
nella possibilità di produrre un’offerta vantaggiosa, più bassa dell’ipotetico prezzo
medio, le stesse vengono escluse dalla possibilità di vedersi assegnato il lavoro
a tutto vantaggio della ditta fortunata che per maggiore o minore combinazione si
è avvicinata al prezzo medio stabilito dagli organi tecnici dello spett. Dipartimento
tecnico" (11). Con ulteriore lettera dd. 12.10.1921
inviata a S. E. il Senatore Mosconi Governatore Generale Civile della Venezia Giulia,
e per conoscenza a: S. E. il Presidente dei Ministri, S. E. il Senatore Salata,
S. E. il Ministro delle Terre Liberate, la cooperativa ricorre contro l’assegnazione
dei lavori domandando l’annullamento dell’asta, sostituendo alla stessa trattative
private (12).
Ma la Cooperativa edilizia della Regione Giulia non è l’unica a ricorrere; in modo
più indiretto e senza bloccare ufficialmente la gara, con lettera del 18.09.1921
il Consorzio fra Coop. di Produzione e Lavoro della provincia di Venezia interessa
il Senatore Luigi Mosconi, Governatore Generale Civile della Venezia Giulia:
"Questo Consorzio, riuscito secondo fra i diciannove concorrenti alla gara
per l’appalto dei lavori inerenti alla costruzione del Palazzo di Giustizia in Trieste,
ha ricevuto notizia dell’interessamento svolto da S. E. il Presidente del Consiglio
dei Ministri perché l’E. V. avvalendosi del disposto del capo III, art. 11, commi
6° e 7°, del Capitolato Speciale d’appalto dei detti lavori, si compiaccia di favorire
questo Organamento Operaio in confronto colla Impresa prima riuscita in gara, che
fa parte di un Trust capitalista locale, la cui italianità è molto discutibile"
(13).
La risposta ufficiale arriva con dispaccio dd. 7.12.1921 del Commissariato Generale
Civile per la Venezia Giulia, Dipartimento Tecnico n. 8514/S.G.-21:
"Come già riferito nella propria lettera No. 6531/S.G.-21 dd. 17 Settembre
1921 in conformità a tali norme, potevano prendersi in considerazione solamente
le offerte, che erano contenute nei limiti del massimo e minimo ribasso stabilito;
epperò l’offerta della C.E.R.G. (14) con un ribasso
superiore, cioè del 17 per cento in confronto a quello stabilito del 15.30 per cento,
non poteva venir presa in considerazione".
La lettera continua evidenziando che: "Non essendosi verificato ... alcun vizio
di forma, né di sostanza, l’annullamento ... sarebbe stato ... illegale" (15).
Ma i guai per la costruzione dell'agognato palazzo non finiscono qui.
Per via indiretta, vengono fatte rimostranze all’impresa Picciola e Benedettich,
assuntrice dei lavori, in merito al supposto rifiuto di aver assunto alcuni operai
inviati dal Consiglio Nazionale Donne Italiane in Trieste, contestando che quasi
tutti gli operai assunti erano dell’Ufficio di collocamento di Via Madonnina (Camera
rossa).
In risposta a ciò è allegato al dispaccio del Commissariato Generale Civile per
la Venezia Giulia, Dipartimento Tecnico N. 1409/S.G.-22 un Verbale assunto il 15.02.1922
presso la Direzione dei Lavori. Al punto 2 si legge: "Si osserva che tutte
le imprese edili di Trieste sono legate al u.c. (16)
di Via Madonnina con un contratto di lavoro che va a scadere l’8 Aprile p.v., quindi
fino a questa epoca sarebbero obbligati di assumere operai esclusivamente col tramite
del suddetto ufficio ... vengono assunti nel limite del possibile anche operai di
altre associazioni che sono certamente preferite dalla impresa assuntrice dei lavori"
(17).
Ma non vi sono solo problemi d’asta o di collocamento del personale. In seguito
alle modifiche introdotte si verificano problemi nell'installazione dell’impianto
dell’acqua, luce e gas (18); viene inoltre riformato
il progetto della costruzione della Corte d’Assise (19),
dopo verbale di accertamento dd. 7.10.1922; nasce inoltre un contenzioso con la
ditta austriaca Liesegang e Kosch che doveva fornire i materiali per l’impianto
di calefazione centrale e ventilazione in virtù di contratto con la precedente amministrazione
imperiale. La ditta "dichiarò di non poter corrispondere, causa l’enorme rincaro
dei prezzi e la svalutazione della moneta, i tubi di ferro come da contratto."
Il contenzioso viene risolto con la sostituzione della ditta ed il pagamento di
un corrispettivo in base alle forniture effettuate (20).
Intanto con nota del Ministero dei Lavori Pubblici dd. 30.07.1925, viene presa in
considerazione la liquidazione delle ultime £it. 70.000 all’arch. Umberto Nordio
in quanto eredità del padre Enrico, redattore del progetto, da poco deceduto (21).
Allo scadere, nel frattempo, delle garanzie (di solito di un anno) dei lavori effettuati,
il protocollo degli appalti prevede lo svincolo delle cauzioni, ma non va sempre
bene. Collaudi finali vengono effettuati prima del pagamento e senza questi ultimi
si deve aspettare. È ciò che in un primo tempo accade all’impresa Marangon, fornitrice
di pietra lavorata (22).
L'impresa chiede un maggiore compenso. Dopo aver fatto domanda al Ministero dei
Lavori Pubblici, vedendosi liquidata solo parzialmente, gira la domanda alla Prefettura,
che salda il resto, in quanto dai resoconti dei verbali di collaudo risulta una
fornitura per il IV lotto, oltre che in perfetto stato di conservazione, maggiorata
sì rispetto alle previsioni progettuali ma necessaria per il completamento dei lavori.
È a questo punto che intervengono, come da descrizione fatta nella minuta del Corpo
Reale del Genio Civile, ufficio di Trieste dd. 3.12.1926, impedimenti di ordine
economico che rallentano i lavori. Alcune aziende si ritirano perdendo la cauzione,
altre vengono liquidate ed i lavori stralciati dal progetto originario e viene indetta
una nuova gara per un cottimo che dovrebbe portare a termine al più presto la costruzione.
La sospensione dei lavori preoccupa la "Commissione Reale Straordinaria per
l’Ordine degli Avvocati di Trieste e dell’Istria" che con lettera dd. 19.02.1927
indirizzata a S. E. il Ministro della Giustizia – Roma ed a S. E. il Ministro dei
Lavori Pubblici – Roma, espone il disagio, in una città con grave crisi di alloggi,
che non essendo ancora pronto il Palazzo di Giustizia, l’Ordine non ha una sede
appropriata, mentre l’Erario subisce un grave danno per il deperimento dei materiali
da costruzione inutilizzati.
Il Guardasigilli il 14.07.1927 invia una lettera al Prefetto facendo proprie le
istanze dell’Ordine degli Avvocati.
Prendono finalmente il via le gare d’appalto per il cottimo che porteranno all’inaugurazione
ufficiale del Palazzo ancora incompleto.
(a cura di Luigi Sorrentino)
NOTE
1) Così parrebbe da: Archivio di stato di Trieste, Corte d'Appello,
busta n.270, Prs. Zl. 1397/95, Presidenza Tribunale d'Appello, e Praes. 2452/15b/5
dd. 25/04/1905, Giunta provinciale Trieste, n.49/D. (torna indietro)
2) Archivio di stato di Trieste, Corte d'Appello, busta n.270,
I.R. Direzione di Finanza - Trieste dd. 25/04/1905. (torna indietro)
3) Archivio di stato di Trieste, Corte d'Appello, busta n.270,
Prs. 744/15/b/6, Magistrato Civico Trieste n.3328/1 dd.26/01/1907. (torna
indietro)
4) Archivio di stato di Trieste, Corte d’Appello di Trieste, busta
n° 270, n 517/II/07. (torna indietro)
5) Archivio di stato di Trieste, Corte d’Appello di Trieste, busta
n° 270, Prs. 2451/15/b/8, Magistrato Civico Trieste n. 157/P. dd. 14.04.1908 (torna indietro)
6) Archivio di stato di Trieste, Corte d’Appello di Trieste, busta
n° 270, Praes. 7689/15/b/6 dd. 1.12.1906, e Archivio di stato di Trieste, Corte
d’Appello di Trieste, busta n° 270, Praes. 794/15,b/11 dd. 28.11.1911. (torna
indietro)
7) Archivio di stato di Trieste, Corte d’Appello di Trieste, busta
n° 270, Praes. 8460/15, b/11. (torna indietro)
8) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta n°
255. Dipartimento Tecnico del Regio Governatorato della Venezia Giulia n° 4872 dd.
31.03.1919. (torna indietro)
9) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta n°
255, Regio Governatorato della Venezia Giulia, n° class. 821, prot. 2889. (torna
indietro)
10) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, Commissariato Generale Civile per la Venezia Giulia , N° class. 821, prot.223
dd. 21.01.1921. (torna indietro)
11) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821, prot. 1964 dd. 27.08.1921. (torna indietro)
12) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 2472 dd. 20.10.1921. (torna indietro)
13) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 2175 dd. 22.09.1921. (torna indietro)
14) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 2995 dd. 07.12.1921. (torna indietro)
15) Coop. Edilizia Regione Giulia. (torna indietro)
16) ufficio di collocamento (torna indietro)
17) Camera del Lavoro Italiana, Associazione Combattenti, Associazione
Mutilati e Invalidi di Guerra, Consiglio Nazionale Donne Italiane ecc. Archivio
di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta n° 255, N° di class. 821 prot.
2612 dd. 25.02.1922. (torna indietro)
18) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 1329, dd. 20.04.1922. (torna indietro)
19) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 2166 dd. 28.06.1922. (torna indietro)
20) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 821 prot. 2639, dd. 24.07.1922. (torna indietro)
21) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, Ministero dei Lavori Pubblici n. prot. 5288 dd. 30.07.1925. (torna
indietro)
22) Archivio di Stato di Trieste, Prefettura di Trieste, busta
n° 255, N° di class. 4127 prot. 18623 dd. 02.09.1925. (torna indietro)
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