Lineamenti generali del sistema tavolare, principali differenze con il sistema della trascrizione, e procedimento in affari tavolari.

 

di Arturo Picciotto

giudice presso il Tribunale di Trieste

Come noto, mentre l’ordinamento giuridico italiano ha generalmente e da sempre adottato un sistema pubblicitario di tradizione latina per le vicende di rilevanza immobiliare (prototipo e primo completo modello fu la legge francese del 23 marzo 1855), invece nei territori italiani già assoggettati alla dominazione austriaca vigeva il sistema di tipo germanico, regolato dal complesso normativo esistente nell’impero e sistematicamente connesso con il codice civile austriaco.

All’indomani della fine della prima guerra mondiale il Governo dello Stato italiano si trovò di fronte alla scelta se introdurre ex novo nei territori redenti il sistema della trascrizione ovvero mantenere il sistema di pubblicità immobiliare tavolare, ereditato dalla dominazione austriaca.

Come sapete, senza volere entrare in discussioni politiche o ideologiche, sta di fatto che il legislatore dell’epoca era sicuramente dotato di una capacità giuridica e normativa superiore, come testimoniato dalle qualità delle codificazioni civile, penali, processuali che per oltre cinquant’anni hanno retto di fronte ai mutamenti istituzionali e sociali, nel mentre riforme preannunziate come "epocali" non hanno retto neanche il breve volgere di alcune primavere, venendo flagellate dalle reprimende della Corte Costituzionale.

Dicevo, il legislatore fascista, cosciente della netta superiorità del sistema tavolare, del resto esportato nei territori dell’impero quali l’Etiopia e l’Eritrea, decise di mantenere il sistema tavolare nei territori annessi con il regio decreto legge 211 del 1924; in particolare i libri fondiari vennero conservati in forza del regio decreto n. 2325 del 1928, e disciplinati dalla previgente legge generale 25 luglio 1871, B.L.I. n. 95, nel nuovo testo allegato al regio decreto 499 del 1929.

Nelle intenzioni dell’epoca, come peraltro rimane traccia nelle discussioni parlamentari e nei programmi di Governo, c’era quella di estendere gradatamente all’intero territorio nazionale il sistema tavolare: i motivi per i quali ciò non fu fatto rimangono solo in parte spiegabili.

Ma ancora di recente si è parlato con viva voce di una estensione del sistema tavolare alla rimanente arte della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, come testimoniato anche dal congresso dello scorso anno tenutosi in Gorizia: gli ordinamenti dei paesi che circondano la Regione sono peraltro tutti improntati l comune sistema tavolare, vista la unitaria provenienza dal disgregato impero austro-ungarico.

Ma quali sono le precipue differenze tra i due regimi?

Senza essere eccessivamente specifici e perciò solo annoiarvi, dirò che la priva divergenza consiste nella deroga al cd. principio consensualistico nell’acquisto dei diritti reali immobiliari per atti inter vivos.

Come noto l’art. 1376 cod. civ. statuisce che nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di altro diritto reale ovvero il diritto di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono o si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato.

Invece nei territori in cui vige la legge tavolare il perfezionamento del contratto ad effetti reali viene ad attribuire all’avente causa solamente un diritto obbligatorio alla prestazione: il trasferimento del diritto reale si avrà solo al momento della iscrizione tavolare, all’esito del procedimento regolato oggi dalla legge generale sui libri fondiari allegata al regio decreto 499 del 1929; insegna quindi la Cassazione che il consenso manifestato dai contraenti alla stipulazione di un atto di trasferimento della proprietà o di altro diritto reale su beni immobili, ricadenti in questi territori, genera nell'acquirente un diritto di natura personale nei confronti dell'alienante e non quindi idoneo ad effettuare il trasferimento in questione.

Per gli acquisti mortis causa, a seguito della abrogazione dell’istituto di diritto austriaco della ventilazione ereditaria si è mantenuto il sistema di devoluzione ereditaria proprio del diritto italiano, adeguandolo però al regime tavolare con la istituzione del certificato di eredità e di legato: l’acquisto viene ad operare a favore dell’erede o legatario indipendentemente dalla iscrizione tavolare che in questo caso viene ad avere un effetto solo dichiarativo e non costitutivo: tuttavia per potere successivamente alienare il bene ereditato, nel rispetto della continuità delle iscrizioni, occorrerà che l’erede o legatario chieda ed ottenga il certificato di eredità e di legato, e provveda quindi alla intavolazione del suo diritto contro il de cuius.

Anche per gli altri acquisti non contrattuali, a titolo originario o derivativo, l’intavolazione non ha il tipico effetto costitutivo, bensì un valore meramente dichiarativo.

Ulteriore differenza tra i due sistemi è quella che, mentre ad essere trascritti sono i contratti, le sentenze, ed in genere i titoli legittimanti l’acquisto, invece nel sistema tavolare la iscrizione concerne normalmente solo i diritti, principalmente quelli reali; non difettano casi nei quali si pubblicizzano diritti personali come, ad esempio, quello di godimento locativo ultranovennale, ovvero domande giudiziarie.

Ancora, il regime della trascrizione, così si usa dire, è a base personale: cioè nei registri immobiliari viene eseguita una classificazione delle note e delle domande in partite intestate alle singole persone; il libro fondiario, invece, è ideato su una struttura a base reale ed ogni bene immobile ha una sua partita, chiamata appunto partita tavolare, nella quale sono riportati sia gli elementi individuativi (numero di particella catastale nuova, o altro identificativo in caso di mancata concordanza con le risultanze dell’Ufficio del territorio o ex Catasto), sia le sue dimensioni, i proprietari, e gli aggravi.

È questo il sistema del foglio reale grazie al quale le vicende giuridiche dell’immobile vengono fotografate in un solo documento. Il libro fondiario è composto dal libro maestro e dalla collezione di tutti documenti costituenti i titoli per le iscrizioni tavolari che vengono ordinate dal giudice ed eseguite dal conservatore tavolare; esistono inoltre vari indici per agevolare le ricerche, tra i quali quello dei proprietari: tutto verrà rivoluzionato, si spera a breve, grazie ai progetti di automazione ed informatizzazione della tenuta del libro fondiario, materia questa di esclusiva competenza regionale.

Si ricorderà infatti che la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, all’art. 4 ha statuito che la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha potestà legislativa primaria in materia di impianto e tenuta dei libri fondiari; ed il Decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1971, n. 234, contenente norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di impianto e tenuta dei libri fondiari, all’art. 3 ha stabilito che le leggi della regione non possono derogare alle norme delle leggi dello stato in materia di efficacia dei libri fondiari e di controlli giudiziari sulle operazioni tavolari.

Proprio In considerazione della costitutività connessa a talune delle iscrizioni tavolari, e cioè al fatto che il diritto reale viene a costituirsi in capo al cessionario solo in virtù della intavolazione, ma anche per motivi storici che non è qui possibile approfondire, era previsto dall’art. 75 della legge generale sui libri fondiari che all’ufficio tavolare fosse preposto "il titolare della pretura o un giudice da lui delegato"; oggi, con le modifiche introdotte, anche in materia di libri fondiari, dal decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 in tema di giudice unico il riferimento deve essere fatto al giudice presso il Tribunale, essendo stata abolita la figura del pretore.

Infine, ed a completamento di questa breve disamina delle fondamentali differenze tra i due sistemi pubblicitari, può evidenziarsi come in regime tavolare, accanto alla cosiddetta funzione negativa della pubblicità tipica degli ordinamenti di ceppo latino e consistente nella fiducia dei terzi semplicemente sulla inesistenza di quanto non sia pubblicato nei libri, sussiste quella positiva che si concreta nella tutela offerta dall’articolo 5 del regio decreto 499 del 1929 a chi acquisti un diritto sulla fede del libro fondiario nei confronti di chi abbia maturato quello stesso o altro configgente diritto a titolo originario, senza avere annotato la domanda giudiziale volta all’accertamento della sua situazione giuridica soggettiva.

Come sapete, l’acquisto del diritto di proprietà o di altro diritto reale per usucapione, ad esempio, opera automaticamente per effetto del decorso del tempo: tuttavia sarà sempre necessaria una sentenza che accerti il perfezionamento della fattispecie acquisitiva. Se la partita relativa all’immobile non contiene alcuna annotazione della pendenza di un giudizio, o peggio ancora della sentenza, l’ordinamento preferisce accordare tutela a chi acquista dal proprietario, nei cui confronti è maturata l’usucapione, invece che a colui che ha acquistato il bene a titolo originario ma non ha pubblicizzato il suo diritto. Non vi sfugge la particolare garanzia per i traffici e la circolazione dei beni.

Inoltre la funzione positiva e di protezione da parte dell’ordinamento tavolare è completata dal sistema delle cd. azioni in cancellazione di cui agli articoli 61 e seguenti della legge generale, laddove a garanzia dei successivi acquirenti vengono limitate nel tempo e negli effetti le conseguenze della invalidazione della intavolazione dalla quale erano originati i diritti dei terzi.

Nei libri fondiari sono praticabili tre tipi di iscrizioni, secondo la previsione dell’articolo 8 della legge generale: si tratta delle intavolazioni, definite come acquisti incondizionati di diritti (oppure cancellazioni incondizionate od estavolazioni) che hanno per effetto l’acquisto, la modificazione o la estinzione di diritti tavolari; le prenotazioni, qualificate come acquisti condizionati di diritti (o cancellazioni condizionate) che hanno per effetto l’acquisto, la modificazione o la estinzione di diritti tavolari a condizione che vengano successivamente giustificate; ed infine le annotazioni.

I diritti tavolari di cui la intavolazione e la prenotazione rappresentano il momento di pubblicità costitutiva oppure dichiarativa (a secondo che siano trasmessi per atto negoziale o mortis causa o in forza di altro titolo) consistono nei diritti di proprietà, di servitù, di usufrutto , di uso, di abitazione, di enfiteusi, di superficie, di ipoteca se ed in quanto riferentesi a beni immobili, nonché nei privilegi per i quali le leggi speciali richiedano l’iscrizione nei registri immobiliari, e negli oneri reali.

Mentre la intavolazione e la prenotazione hanno ad oggetto direttamente i diritti, invece la annotazione tavolare viene a riguardare gli atti, i negozi ed i provvedimenti giudiziali o amministrativi di cui agli articoli 19 e 20 della legge generale, le cui previsioni vengono comunque dilatate al fine di una applicazione estensiva ad opera della lettera h) dello stesso articolo 20, secondo il quale è annotabile "ogni altro atto o fatto, riferentesi a beni immobili, per il quale le leggi estese, quelle anteriori mantenute in vigore o quelle successive richiedano o ammettano la pubblicità".

Come dicevo poco prima, la intavolazione viene ad avere carattere costitutivo in virtù della previsione espressa di cui all’articolo 2 del regio decreto 499 del 1929, secondo il quale, a modificazione del principio consensualistico imposto dal codice civile, il diritto di proprietà e gli altri diritti reali sui beni immobili (esistenti nei territori in cui vige il sistema tavolare) non si acquistano per atto tra vivi se non con la iscrizione del diritto nel libro fondiario; del pari la modificazione o l’estinzione conseguono solo alla relativa iscrizione o cancellazione.

Tengo a ricordare, sembrandomi questo il luogo ed il momento opportuno, che per i diritti oggetto di intavolazione, ad eccezione del diritto di proprietà, ed in particolare per le servitù, l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, l’enfiteusi e la superficie dovranno essere indicati con tutta precisione il contenuto e l’estensione dei diritti stessi, da iscriversi con gli eventuali confini: l’articolo 12 della legge generale rappresenta una applicazione concreta della esigenza del sistema fondiario il quale postula una completa e precisa rappresentazione grafica sia dei beni che dei diritti gravanti su di essi, al fine di garantire quella che è la base reale della pubblicità immobiliare e con essa la fede sulle risultanze dei libri fondiari. Del resto il sistema catastale austriaco e l’impianto dei libri fondiari erano finalizzati precipuamente alla garanzia dei crediti e delle imposizioni fiscali: doveva essere segnalato e modificato sui libri anche il semplice cambio di cultura di un terreno per consentire all’erario di parametrare alla variazione reddituale una diversa pressione fiscale.

Rimane a dirsi che all’ufficio tavolare è preposto un giudice designato dal presidente del tribunale: la mera lettura della norma lascia già pochi dubbi sulla natura giurisdizionale dell’ufficio, che deve essere inteso non quale distaccamento burocratico o insieme di mezzi e personale, bensì come sede di una funzione, ossia ufficio giuridico: a logico completamento il comma terzo dell’articolo 75 statuisce che la domanda volta all’ottenimento di una iscrizione tavolare deve essere diretta al giudice tavolare.

Il procedimento è governato dal principio della domanda: l’istanza, redatta per iscritto (articolo 83), non necessariamente autenticata, ed in unico esemplare (articolo 92) deve indicare esattamente - e dunque a pena di rigetto - il contenuto della iscrizione richiesta; eccezione alla stessa regola posta dall’articolo 85 è quella contenuta nel terzo comma del medesimo articolo, secondo cui la domanda di intavolazione comprende quella di prenotazione, se non è stata espressamente esclusa. Abilitato alla proposizione della domanda è chiunque vi abbia legittimo interesse oppure chi sia obbligato per legge: appare evidente il restringimento rispetto alle previsioni in materia di trascrizione (richiedibile da chiunque).

A margine della domanda vengono annotati giorno, ora e minuto di presentazione, e si attribuisce il "GN" o "giornal numero" (termine convenzionale) progressivo annuale: in giornata il conservatore incaricato dell’esame della domanda "piomberà" la partita tavolare, cioè segnerà il GN o giornal numero progressivo annuale di modo che chiunque rimanga avvertito della pendenza di una domanda sulla partita tavolare o su un suo corpo tavolare.

La domanda deve recare gli estremi anagrafici dell’istante e la residenza di coloro ai quali andrà notificata la decisione (per consentire il decorso dei termini per i reclami): particolare cura si richiede nella indicazione delle partite tavolari oggetto della iscrizione che dovranno risultare secondo la stessa designazione contenuta nel libro fondiario. La legge generale si occupa poi diffusamente della descrizione dei requisiti relativi ai documenti da presentare, alla loro originalità o conformità, alla lingua.

In caso di accoglimento il giudice tavolare emetterà un decreto motivato al culmine della procedura inaudita altera parte; il decreto potrà accogliere solo in parte la domanda mentre non potrà mai sconfinare ultra petita, sebbene i documenti prodotti giustifichino una domanda più ampia di quella proposta (articolo 96): fanno ovviamente eccezione i casi in cui il giudice deve ordinare iscrizioni ufficiose, tra le quali quella della ipoteca legale secondo il disposto dell’articolo 97 bis, ovvero cancellazioni come quelle conseguenti alla estinzione per confusione di servitù o oneri reali (articolo 97 ter). Nel caso in cui dai documenti risulti che la iscrizione domandata è subordinata ad una iscrizione corrispettiva (si pensi alla intavolazione del diritto di proprietà di uno dei due beni immobili descritti nel titolo di permuta) non potrà essere accordata la iscrizione domandata se non sia stata richiesta contemporaneamente quella corrispettiva.

Il decreto del giudice tavolare conterrà - tra l’altro - il riferimento alle partite tavolari e, solo laddove ciò sia necessario, alle particelle catastali sulle quali andrà eseguita la iscrizione; il titolo legittimante e il nome dei beneficiari; il diritto tavolare al quale l’iscrizione si riferisce e quello che andrà iscritto: questa ultima indicazione verrà riportata integralmente nel libro fondiario all’atto della vera e propria iscrizione da parte del conservatore.

Per l’eventualità del rigetto il decreto motivato sarà annotato d’ufficio nel libro fondiario, a meno che il bene immobile non risulti indicato in domanda o contenuto nei tomi, ovvero lo stesso sia intestato a nome di terzi.

Il decreto è rettificabile per il caso in cui la iscrizione non risulti eseguibile secondo il suo preciso tenore; laddove invece sia stato commesso un errore avvertito dal conservatore all’atto della iscrizione costui provvederà alla sua immediata rettificazione: se la iscrizione è già stata eseguita, invece, occorrerà un decreto del giudice tavolare e, nel caso - non infrequente - in cui l’errore possa importare qualche effetto legale il giudice non potrà provvedere senza sentire le parti, in deroga alla regola della mancanza di contraddittorio.

I decreti del giudice tavolare, infine, andranno notificati, anche per il tramite del servizio postale, da parte dello stesso ufficio tavolare o dell’ufficiale giudiziario, ai richiedenti; ai titolari dei diritti tavolari trasferiti, modificati o estinti; a coloro contro i quali si esegua una annotazione; agli altri soggetti di cui all’articolo 123 della legge generale, ed al catasto: è prevista altresì la possibilità di notificazione al domiciliatario indicato nel titolo o nella domanda (in questo caso autenticata).

Generalità in tema di azione di regolamento di confini

Devo premettere che non è mio compito approfondire le questioni relative alla azione di regolamento di confini, le sue differenze con la rivendica, con la azione di apposizione di termini, ed altro, ma solo offrire alcuni spunti utili per verificare come nel sistema tavolare nulla vi sia di differente rispetto a quello della trascrizione con riferimento alle azioni giudiziali per la determinazione dei confini.

Un primo e fondamentale argomento dal quale desumere la mancanza di differenze sostanziali è la osservazione che anche nel sistema dei libri fondiari, l'intavolazione non può costituire diritti intrinsecamente inesistenti: di conseguenza non può ritenersi mai preclusa la possibilità di accertare tra fondi l'esistenza di un confine diverso da quello risultante dalle mappe catastali erroneamente formate (Cass., Sez. 2, sent. 25/08/1998, n. 8446).

Anche particolari applicazioni processuali, quale ad esempio l’introduzione in giudizio della eccezione di usucapione, pacificamente ammessa in giurisprudenza (Cass., sez. 2, sent. 11.6.1998, n. 5809), non trovano deroga nel regime tavolare (in termini, Cass., sez. 2, sent. 2.8.1990, n. 7730).

Facendo rinvio alla relazione dell’avv. Jesu, che meglio vi illustrerà le particolarità delle azioni in questione, devo però soffermarmi per coerenza di discorso sulla tematica del valore delle rappresentazioni grafiche quali fonte probatoria.

Come ben sapete, il comma III dell’art. 950 cod. civ. attribuisce alle mappe catastali un valore sussidiario rispetto alle altre fonti di prova: ciò vale (Cass., sez. 2, sent. 21/12/1999, n. 14379) anche per gli immobili ricadenti nei territori dello Stato in cui vige il regime tavolare, avendo ribadito la Corte di Cassazione la possibilità di ricorrere ad esse soltanto in caso di obbiettiva e assoluta mancanza di prove idonee a determinare il confine in modo certo.

Deve essere però chiaro che ciò non vale per quel diverso strumento rappresentativo che sono i tipi di frazionamento e che, se assunti quali parti integranti dell'atto negoziale cui vengono allegati, sono da considerarsi non semplici dati catastali, bensì la fonte stessa di tali dati, in quanto espressione della volontà dei contraenti circa l'oggetto del negozio traslativo (Cass. sez. 2, sent. 24/02/1996, n. 1446; conf. Cass. 95/4193).

In epoca antecedente al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650 il tipo di frazionamento era un semplice allegato alla domanda di voltura e non veniva necessariamente accluso all’atto negoziale; addirittura prima della legge 1 ottobre 1969, n.679 esso poteva essere approvato dopo la data della stipulazione. Era considerato un documento catastale con finalità solo cartografica, redatto ai fini della rappresentazione in mappa delle nuove linee dividenti ed indipendentemente dalla loro individuazione sul terreno. Malgrado la istruzione XIV prescrivesse "misure prese sul terreno" non di rado succedeva – come purtroppo ancora può accadere – che i tipi fossero redatti desumendo le misure dalle mappe, con una sorta di inversione metodologica.

La convinzione della mancanza assoluta di qualsiasi finalità civilisticamente rilevante aveva addirittura consigliato la prassi degli arrotondamenti, impropriamente trasferendo nel campo delle operazioni di conservazione del Catasto quelle norme che invece erano proprie dei rilevamenti particellari e delle operazioni geometriche di formazione e di disegno delle mappe.

Di fronte a tali "leggerezze" – se mi consentite il termine – si comprende come mai il legislatore sostanziale, ancora nel decreto del Ministro delle Finanze del 19.1.1988 abbia espressamente ricordato che il D.P.R. 650/72 faceva divieto che l'atto di trasferimento contenesse misure in contrasto con quelle riportate nel documento tecnico associato al tipo di frazionamento, per cui le misure riportate nel tipo stesso dovevano e devono intendersi come espressione della volontà delle parti. E si riesce anche a capire come mai, proprio in considerazione della importanza degli elaborati tecnici, il decreto abbia rammentato che i diritti di proprietà sono regolati dal codice civile e pertanto ogni controversia inerente la materia in oggetto risulta di esclusiva competenza degli Organi Giudiziari.

Faccio una breve digressione per notare come, specialmente nei tecnici da poco avviati alla professione, capiti a volte di notare una certa confusione tra il concetto di possesso e quello di diritto: è bene che questa ovvia divisione tra il dato fattuale e quello giuridico rimanga chiara ed impressa quando si viene a riversare in un piano la situazione dell’immobile da riconfinare o frazionare.

Ritornando a noi, mentre quindi con il D.P.R. 650/1972 veniva imposto l’obbligo di unire all’atto negoziale il tipo di frazionamento, è accaduto invece poi con il D.M. 19 aprile 1994, n. 701 che l’obbligo di allegazione sia stato degradato ad obbligo di menzione nell’atto del tipo di frazionamento.

Strumento tecnicamente più utile al fine di accertare giuridicamente i confini e la consistenza del bene sono le planimetrie quotate che nel sistema tavolare vengono chiamate piani di situazione: mi riservo di fornire qualche chiarimento al riguardo in seguito se vi saranno osservazioni al riguardo.

Purtroppo l’evoluzione del sistema cartografico catastale, ed in particolare il cd. sistema Pregeo, hanno determinato notevoli problemi nella determinazione dei confini e, soprattutto, nel mantenimento grafico degli stessi; in particolare la adozione delle coordinate di PF da catalogo (TAF) ha ricreato nella moderna dimensione lavorativa, in cui ci si muove tra computer, digitizer polari portatili, ed altri congegni, l’espediente della copiatura della mappa catastale: mi riferisco da un lato alla prassi di utilizzare le coordinate catastali senza curare e prediligere i rilievi in natura, e dall’altro il vizio insito nel sistema per il quale, seppure non venga modificata la rappresentazione in mappa di manufatti che materializzano PF, tuttavia la attivazione della "gestione numerica" (segnalata dal circoletto rosso vicino ai PF) comporta la aggregazione del nuovo sul preesistente e quindi la "rototraslazione rigida eccentrica", con una aggregazione rigida di diversi poligoni fiduciali che non può che indurre confusione e quindi contenzioso. Ne consegue il consiglio, che mi risulta caldamente raccomandato dai geometri, di non adottare in una procedura di riconfinazione le coordinate "ballerine" dalla TAF dei Punti Fiduciali, potendosi altrimenti verificare con ogni probabilità una discrepanza tra le coordinate dalla TAF ed il contesto della mappa.

Le successive versioni di Pregeo hanno introdotto le conosciute novità della "rototraslazione baricentrica" e dei PV o Punti Vertice: in particolare questi ultimi consentono al tecnico incaricato di scegliere i punti più adatti per l’inquadramento cartografico e poi proporli in luogo dei PF.

Ha fatto questa breve digressione nel campo tecnico, nel quale mi riconosco peraltro profondamente incompetente, per concludere questa seconda parentesi del mio intervento e introdurre il terzo e breve argomento su cui – se me lo concedete –desidero intrattenervi.

Concludendo, quindi, osservo che attualmente la esperienza tecnica ed ancor di più la normativa catastale non consente di ritenere raggiunta quella certezza della base reale che è necessaria in ogni sistema pubblicitario immobiliare, ma che è addirittura essenziale, connaturale, per il sistema tavolare; è ben lecito dubitare della stessa legittimità di una disciplina legislativa acriticamente uguale in materia catastale per le due diverse situazioni, anche perché fino ad abolizione espressa o per incompatibilità assoluta rimangono tuttora in vigore tutta una serie – parzialmente conosciuta – di norme primarie e secondarie elaborate dal governo austriaco e – a detta di molti e non per banale nostalgia – assolutamente attuali e tecnicamente valide.

La consulenza tecnica nella azione di regolamento di confini: il rapporto tra giudice e consulente tecnico, e tra questo e le parti ed i loro consulenti.

Non ho sicuramente la pretesa di illustrare quale sia il modo in cui redigere un elaborato in risposta ad in carico peritale, vorrei però rendervi partecipi della mia modesta esperienza di nove anni di attività giudiziaria quale giudice civile presso il Tribunale di Trieste e di quattro anni quale giudice tavolare.

Ritengo, come peraltro ho già avuto modo di dire in altri e meno formali incontri che ho avuto con le categorie professionali dei geometri, dei periti, dei notai, degli avvocati, che spesso vengano ad esistere incomprensioni e difficoltà di vario genere solamente a causa della mancanza di un dialogo diretto e franco tra il giudice ed i suoi collaboratori ovvero con gli utenti della attività giudiziaria.

È per questo motivo che mi sento di consigliare di mantenere sempre il più stretto contatto con il giudice nell’ambito di una consulenza tecnica, né più Né meno di quanto lo si mantenga con il cliente che vi abbia commissionato una importante opera professionale.

Mentre da parte nostra, intendo di noi giuristi, sussiste spesso una ignoranza anche grave dei principi che regolano la materia tecnica, e questo è il motivo istituzionale per il quale viene fatto ricorso allo strumento della c.t.u. per una eterointegrazione del bagaglio di conoscenze del giudice; nondimeno da parte dei consulenti si trascurano sovente alcuni principi di diritto con grave nocumento per le parti e per lo stesso giudice, ed in ultima analisi per il processo il cui costo viene comunque a gravare sulla società.

Il rapporto tra giudice e consulente ufficioso, soprattutto nelle vicende che richiedono un alto indice di difficoltà e nelle quale il tecnico diviene sostanzialmente arbitro del merito della controversia, deve essere ovviamente improntato alla massima fiducia; deve essere chiaro che è diritto e dovere del consulente intervenire presso il giudice per offrire la propria capacità ed esperienza fin dal primo momento del contatto in occasione dell’incarico peritale, per poi mantenere un rapporto continuo ogni volta che se ne ravvisi la necessità, ma anche la semplice opportunità.

Mi spiego.

Assisto con assoluta frequenza ad una scena di riverente silenzio da parte del consulente in occasione della formulazione del quesito, quasi si sentisse ospite in una cerimonia rituale, mentre invece è il protagonista del momento: da protagonisti vi invito, come del resto faccio nella quotidianità della mia attività giudiziaria, a rivendicare il ruolo che vi compete; non esitate, di fronte ad un incarico mal deciso o peggio esplicitato, a richiedere tutti i chiarimenti di cui avete bisogno, ad interloquire con il giudice segnalando i dubbi o le peculiarità del caso, a chiedere eventualmente una nuova convocazione delle parti al fine di illustrare difficoltà delle quale non si era accorto il giudice. In caso di vostra inattività le conseguenze sono a volte irrimediabili, specie in settori processuali già di per sé caratterizzati da notevoli difficoltà, come succede nel campo dei diritti reali.

Ma per essere concreto vorrei fare qualche esempio.

In una controversia nella quale – per esempio – vi sia stato dato l’incarico di determinare un confine tra immobili e voi vi accorgete che in natura esistono segni chiari della esistenza di confine, o che nelle produzioni delle parti, se non addirittura nelle deposizioni testimoniali, sia fatto riferimento ad un confine più o meno certo, sarà vostro obbligo richiamare il giudice su tali elementi e non fare ricorso alle risultanze sussidiarie fornite dalle mappe catastali e dalle vostre elaborazioni tecniche: ciò potrà essere fatto grazie ad un accorto studio dei fascicoli di parte e del verbale di causa, del quale – vi consiglio – è sempre opportuno fare copia integrale.

Dovremo poi fare sempre salvo il principio del contraddittorio nell’espletamento della nostra attività consulenziale, ricordando che (Cass., sez. L., sent. 15/01/1994, n. 343) una consulenza tecnica di ufficio nulla per violazione del principio del contraddittorio non è utilizzabile né nel giudizio nel quale è stata esperita né in un giudizio diverso (avente ad oggetto un analogo accertamento), restando priva di qualsiasi effetto probatorio, anche solo indiziario. So che non è questo il motivo più importante, ma vi rammento che in caso di consulenza nulla, la parte che ha anticipato gli oneri ha diritto alla restituzione da parte del tecnico incaricato indipendentemente dalla esistenza di una colpa grave del consulente che, ai sensi dell'art. 64 cod. proc. civ., potrebbe determinare responsabilità penali e per illecito civile.

Sappiamo quindi che ai sensi degli artt. 194, secondo comma, cod. proc. civ. e 90 primo comma disp. att. cod. proc. civ., alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre l'obbligo di comunicazione non riguarda le indagini successive, dal momento che incombe alle parti l'onere di informarsi sul prosieguo di queste al fine di parteciparvi. Il mio consiglio è allora quello di recarsi all’udienza di incarico con un ventaglio di date disponibili e di insistere per la fissazione immediata dell’inizio delle operazioni, anche nel caso in cui – magari – le stesse siano complesse o richiedano accessi fuori circondario: in tal caso, per mero comodo del consulente, potrete comunque scegliere di iniziare le operazioni presso il vostro ufficio e in quella sede, dopo un incontro con i consulenti di parte, rinviare ad altra data dopo avere solo formalmente avviato il lavoro; in questo modo eviterete un inutile dispendio di tempo e sarete in grado di avere già idee più chiare su quanto dovrete andare a fare in prosieguo.

È poi bene sapere che nel caso in cui rinviate le operazioni a data da destinare e successivamente le riprendiate, avete l'obbligo di avvertire nuovamente le parti ed anche l'inosservanza di tale obbligo può dar luogo a nullità della consulenza, peraltro solo se quella inosservanza, con riguardo alle circostanze del caso concreto, abbia effettivamente comportato un pregiudizio del diritto di difesa (Cass., sez. 2, sent. 21/05/1997, n. 4511; Cass., sez. 1, sent. 07/02/1996, n. 986).

Capita a volte che il consulente, pur avendo svolto un accorto lavoro di ricognizione, non documenti lo stesso: è sempre buona regola quella di produrre, sebbene non richiesto espressamente, riproduzioni fotografiche dei luoghi affinché il giudice che sovente non ha compiuto sopralluogo sia in grado di comprendere le vostre illustrazioni grafiche rapportandole alle fotografie.

Non siate poi avari di spiegazioni, anche quelle che possano apparirvi banali: al massimo qualche giudice supponente storcerà il naso, ma vi assicuro che molti altri giudici, forse meno saccenti, vi saranno silenziosamente grati.

Non esitate a chiedere al giudice o agli avvocati – preferibilmente a quello che ha vinto la causa !!- una copia della sentenza per verificare quale sia stato il vostro apporto; quanto il giudice abbia compreso del vostro lavoro; quanto voi non siate riusciti a spiegargli; come la vostra attività sia stata "manipolata" dalle parti, e cioè dai consulenti di parte e dagli avvocati: è una importantissima occasione di accrescimento professionale a costo zero, molto più gratificante ed utile di quella che vi viene offerta oggi, perlomeno da parte mia !!

Ed ancora, nella risposta ai quesiti occorre essere assolutamente fedeli alla domanda perché il giudice e le parti non hanno bisogno solo delle vostre considerazioni, ma anche delle concrete risposte: quando dunque chiudete il vostro lavoro con la espressione di rito "sperando di avere risposto ai quesiti posti", sarebbe opportuno andare a rileggere con cuore "puro" i quesiti e le risposte sintetizzate a fine elaborato, per verificare se realmente la risposta è stata fornita in modo chiaro e lineare.

Nel rapporto con i difensori e con i c.t.p. dovete ricordare quale è il vostro ruolo e quali le vostre prerogative: non sono qui a farvi lezioni di deontologia, perché non è mio compito, perché non ne avete bisogno e perché vi sono già sufficienti quelle dei vostri consigli dell’ordine, ma vi esorto a mantenere anche esteriormente atteggiamenti di terzietà, specie davanti alle parti in persona o agli avvocati. Nessuno ignora che possiate avere rapporti professionali con i consulenti di parte, e che abbiate più o meno familiarità con questo o quel collega, ma è giusto che voi appariate indipendenti e terzi non meno di quanto è importante che voi lo siate realmente.

Non vi fate intimorire dai legali che vi diffidano dal fare o non fare qualcosa: i vostri doveri sono solo quelli scritti nel codice di rito ed in caso di dubbio interpretate anche informalmente il giudice per chiedere consiglio su come comportarvi; nel caso in cui il giudice – ma non penso possa accadere – si tirasse indietro, cautelatevi richiedendo per iscritto un intervento, se del caso interrompendo le attività peritali.