Il giudice unico nell’esperienza triestina

 

Roberto Mazzoncini

 

Sommario: 1. Il circondario di Trieste. - 2. Gli uffici giudiziari triestini prima dell’unificazione: a) l’edificio. - b) il personale. - c) i magistrati. - 3. I criteri con i quali l’unificazione è stata condotta: a) la soluzione logistica. - b) la distribuzione dei servizi e del personale di cancelleria. - c) l’assegnazione dei magistrati. - 4. Conclusione.

 

 

1. Il circondario di Trieste.

 

Il circondario del tribunale di Trieste è oggi costituito dalla città, capoluogo della regione Friuli - Venezia Giulia e da cinque comuni minori; la sua popolazione, di circa 250.000 abitanti , è concentrata nel centro urbano, dove risiedono 220.000 persone. Non vi sono, pertanto, sezioni distaccate.

Il controllo sociale di quest’area, sostenuto da una forte tradizione civica e culturale, ha finora costituito il più serio antidoto al diffuso radicamento di associazioni di tipo mafioso. Nonostante anche qui non manchino i furti, gli scippi e le rapine, resta il fatto che la vita sociale si svolge con una normalità, ormai sconosciuta in troppe altre città italiane. La tensione politica, certo alimentata da una storia, che ha fatto di questa città qualcosa di assolutamente unico per la convivenza di tante diverse etnie, religioni e culture, ma anche per essere stata, in un passato non dimenticato, teatro di pesanti persecuzioni e conflitti etnici e politici, non soltanto non ha prodotto delitti politici o di carattere terroristico, ma anzi sembra potersi tradurre in capacità propositiva di una apertura, anche culturale, con i paesi e le popolazioni dell’Europa orientale, con i quali va consolidando importanti rapporti commerciali.

Non per questo gli uffici giudiziari sono meno gravati di lavoro.

Accanto alle manifestazioni di una microcriminalità diffusa ed operante soprattutto nei settori dello spaccio di sostanze stupefacenti, del contrabbando, dei reati tributari, societari e fallimentari, si segnalano, per il forte aumento di quest’ultimo periodo, le ben più gravi attività criminose riconducibili all'introduzione nel territorio dello Stato, attraverso la vicinissima linea di confine, sia di quantitativi anche molto elevati di stupefacenti provenienti generalmente dalla Turchia o dal Medio Oriente, sia di armi e munizioni, reperite negli ex teatri di guerra dell'ex Repubblica Federativa di Jugoslavia e verosimilmente destinate, almeno in parte, alla malavita organizzata nazionale. Ma, soprattutto, ha, ormai, assunto dimensioni quantitative molto elevate il fenomeno dell'immigrazione clandestina di stranieri nel territorio dello Stato e delle consequenziali attività di favoreggiamento e sfruttamento. Tutto ciò ben si spiega se si considera che il confine di terra del circondario è, storicamente e geograficamente, la porta d'accesso dei Paesi dell'Est europeo e dei Balcani e che il porto di Trieste costituisce l'attracco privilegiato dei traghetti provenienti dall'Albania e dalla Turchia.

Recenti indagini sull'attività di favoreggiamento all'ingresso clandestino di stranieri hanno, peraltro, individuato anche qui, e per la prima volta, l'esistenza di una consistente organizzazione criminale, di carattere mafioso, operante su tutto il territorio della Regione in collegamento con analoghe organizzazioni straniere e nazionali, dedite allo sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione sul territorio dello Stato.

I procedimenti penali complessivamente sopravvenuti nel 1999 alla sezione dei g.i.p. e a quella penale sono stati, rispettivamente, 2810 e 1816. E grava pesantemente, sul limitato organico del tribunale la modifica alla competenza territoriale, introdotta dalla legge n. 332/'95 con riguardo ai riesami e appelli sulle misure cautelari personali dell’intero distretto, saliti nello scorso anno al numero di 516.

Quanto, poi, al settore civile, la litigiosità nel circondario è quantitativamente rilevante: una sopravvenienza, nell’anno 1999, di 5.376 cause civili, delle quali 1.189 di lavoro e previdenza, se rapportata ad una popolazione di circa 250.000 persone, esprime, in percentuale, una forte domanda di giustizia, alimentata dai traffici commerciali, che caratterizzano il contesto economico della città e del suo porto.

Buona parte di queste cause sono quelle tipiche di aree con un’alta concentrazione di imprese commerciali, che vanno dalle società di assicurazione, tra le maggiori del Paese, a quelle che gravitano nell’ambito dell’industria cantieristica, nonché alle moltissime, che vivono dei commerci con i paesi dell’Europa dell’est; si aggiungono anche qui numerose cause per il risarcimento dei danni da incidenti stradali e per infortuni sul lavoro e, ancora, gravano sul tribunale del capoluogo le cause erariali dell’intero distretto, in particolare quelle per il pagamento di diritti doganali o per il rimborso delle tasse di concessione governativa sulle società.

Singolare appare, poi, sempre rapportato al numero dei residenti, l’andamento del numero dei procedimenti di separazione e divorzio, che pone questa regione al secondo posto nella statistica nazionale della crisi della famiglia: al confronto con i poco più di mille matrimoni civili e religiosi celebrati in un anno, ben 487 risultano essere state, nel 1999, le separazioni dei coniugi e 265 i divorzi; come dire che, ormai, qui fallisce ben più di un matrimonio su due.

Né, infine, e sempre con riguardo alla specialità del circondario, va sottaciuto il fatto che è qui rimasto in vigore il regime di pubblicità immobiliare tavolare, che, rimettendo al vaglio del giudice il procedimento di iscrizione tavolare dei diritti reali, carica l’ufficio di un lavoro altrove sconosciuto: soltanto nel 1999 sono state proposte ben 14.077 domande tavolari, con una produzione, nello scorso anno e da parte di due giudici, ciascuno impegnato mediamente almeno un giorno alla settimana, di 14.230 decreti.

 

2. Gli Uffici Giudiziari triestini prima dell’unificazione

 

  1. L’edificio

Il palazzo di giustizia di Trieste è stato edificato alla fine degli anni ’20 (l’inaugurazione ufficiale avviene soltanto nel 1934), sulla base di un progetto asburgico, precedente la prima guerra mondiale; lo stile, per le imponenti facciate di pietra bugnata, per i grandi spazi interni, delimitati da colonnati marmorei e sormontati da ampie vetrate colorate, è quello di un tardo Liberty, coniugato ad una magnificenza architettonica tipicamente austriaca.

Di proprietà dello Stato, è stato concesso in conduzione al comune di Trieste con destinazione obbligata alle strutture giudiziarie. Progettato per ospitare gli uffici di un territorio ben più vasto del circondario attuale, il palazzo, con i suoi sette piani, da quello interrato alle soffitte, è riuscito, sia pure a fatica, a contenere per un secolo tutte le strutture giudiziarie triestine, comprese quelle distrettuali, come la corte d’appello, il tribunale per i minorenni con la sua procura ed il tribunale di sorveglianza.

In questa situazione di massima compressione degli uffici all’interno di quest’unico contenitore, la questione logistica si è posta subito come preliminare a qualunque proposito organizzativo unitario.

Gli uffici in via di unificazione occupavano la maggior parte dei piani terreno e seminterrato (pretura e procura circondariale), nonché il piano secondo e parte del terzo (tribunale e procura); erano, cioè, divisi tra loro dal primo piano, che ospita la corte d’appello e la procura generale.

Esclusa, per varie ragioni, non ultima quella di lasciare a detti uffici gli spazi più prestigiosi, la possibilità di spostare la corte e la procura generale ad un altro piano, si è dovuta escludere anche la possibilità di collocare al pianterreno uno soltanto dei due uffici risultanti dall’unificazione: non il tribunale, perché, dovendo condividere il piano con altri uffici, lo spazio non gli sarebbe stato sufficiente; non la procura della Repubblica, perché l’impossibilità di chiudere al passaggio del pubblico i vasti androni del piano terra avrebbe frustrato qualsiasi tentativo di dotare quell’ufficio degli spazi riservati e adeguatamente difesi dei quali ha bisogno.

A seguito di incontri, iniziati nei primi mesi del 1998 subito dopo la pubblicazione del d.leg. n. 51/98, pur resi oggettivamente difficili dall’effettivo bisogno di locali, da tutti rivendicato, ma sempre animati da una costruttiva comune volontà di pervenire ad un risultato valido per l’insieme delle strutture giudiziarie triestine, si è, allora, presa in considerazione una soluzione, che prevedeva la sistemazione al secondo e terzo piano di tutti gli uffici, del tribunale come della procura, che trattano gli affari penali, trasportando al piano terra gli uffici del tribunale, che si occupano di affari civili, di lavoro, esecuzioni, fallimenti, etc.

Ciò avrebbe consentito di tenere sullo stesso piano gli uffici della sezione penale, del g.i.p. e della procura, oltre ai locali destinati al presidente del tribunale ed al procuratore della Repubblica, nonché alle rispettive segreterie e dirigenze amministrative. La disponibilità, al secondo piano, di tre delle sei aule in dotazione agli uffici da unificare, rendeva praticabile questa scelta.

Anche l’ordine degli avvocati si è detto d’accordo, contraddicendo le previsioni di chi riteneva che, ad una logica organizzativa, incentrata sulla contiguità degli uffici requirenti e giudicanti, potesse essere contrapposta quella della loro separatezza.

Si andava, così, formando il progetto di un edificio, che si apriva al pubblico, mettendogli a disposizione, al piano terreno, i propri servizi civili, ma che manteneva in un’area più interna, anche di maggior sicurezza, situata al secondo e terzo piano, l’esercizio delle funzioni penale ed amministrativa.

Fatta, dunque, questa scelta, è stato commissionato e portato a termine, già nel mese di maggio del ‘98, il rilievo di tutte le stanze del palazzo e, in varie sedute della commissione di manutenzione, ma, ancor più, in continui incontri tra il presidente del tribunale ed il procuratore della Repubblica, senza alcuna guerra etnica tra la giudicante e la requirente, è stata disegnata la futura mappa dei rispettivi territori.

Nel frattempo, il tribunale si impegnava nella risistemazione dei propri archivi, collocati parte nel piano interrato e parte al terzo piano. Era, infatti, subito risultato evidente che sarebbe stato estremamente lento e laborioso iniziare i traslochi in un edificio tanto gremito di persone, arredi e faldoni, senza poter disporre di spazi liberi di manovra; per di più, l’esigenza di maggiori spazi veniva imposta anche soltanto dalla costituzione della sezione stralcio.

E’ stato soprattutto con questi intenti che è stato deciso di riunire gran parte degli archivi del tribunale, sparsi in varie stanze del terzo piano, in due grandi locali, inadatti ad essere utilizzati ad uffici ed idonei, invece, ad essere attrezzati con capaci archivi compattabili, scorrevoli su rotaie, posate su putrelle sostenute dai muri portanti; portata a termine la complessa pratica, è stato chiesto ed ottenuto dal ministero un finanziamento per oltre 300 milioni di lire ed i lavori, iniziati nel mese di maggio, sono terminati nell’estate.

Non poco impegno ha comportato la stesura del contratto con la ditta vittoriosa nella gara di appalto, anche perché l’ufficio del ministero, preposto alle risorse strumentali (uff. IV aff.civ. lib. prof.), pur dandomi la massima collaborazione, non disponeva, almeno in quel periodo, di una bozza standard per contratti di questo tipo; cosa questa sufficiente, ritengo, a dissuadere molti capi ufficio ad impegnarsi, anche con personali responsabilità, in rapporti contrattuali, che richiedono specifiche competenze, con riguardo sia alle forniture ed alla posa delle stesse, sia alle varie clausole di tutela del committente, quali quelle relative ai tempi di consegna, alle penali ed alle garanzie. Ed è opportuno ricordare che si tratta di contratti, che, avendo ad oggetto strutture da posare su immobili normalmente di proprietà comunale o statale, spesso risalenti nel tempo, comunque soggetti al collaudo statico dei rispettivi organi tecnici, possono comportare insuperabili problemi circa l’assunzione delle varie responsabilità, qualora queste non vengano contestualmente assunte dalla stessa ditta fornitrice. Come previsto, i nuovi archivi hanno consentito di guadagnare almeno sette locali, che sono risultati decisivi non soltanto per la sistemazione della sezione stralcio, ma anche, e soprattutto, per dare inizio alla successiva attività di trasloco.

Si è aggiunto, grazie all’intervento del genio civile, il recupero di vari spazi, che, aggiunti a quelli di recente ottenuti dalla sistemazione di locali nell’interrato, hanno consentito l’allestimento di un archivio di stato civile autonomo e razionale.

Nello stesso periodo, a seguito di numerosi incontri e sedute della commissione di manutenzione, è stato dato adempimento agli obblighi imposti dalla legge n. 626/’94, incaricando una ditta in detto campo specializzata, scelta a seguito di una gara, della valutazione dei rischi, del piano per la sicurezza, dell’istruzione del personale e di quant’altro previsto.

 

b) Il personale

Gravi risultavano le vacanze, anche rispetto alle piante organiche dei due uffici in via di unificazione: mancava un primo dirigente ed erano presenti 2 direttori di cancelleria su 4, 4 funzionari di cancelleria su 7, 5 assistenti giudiziari su 8; buona, invece, la presenza del personale degli altri livelli: 21 collaboratori, 21 operatori, 2 stenodattilografi e 8 dattilografi, 5 autisti e 9 commessi.

La riorganizzazione dell’ufficio richiedeva un numero di dipendenti di livello e professionalità adeguate all’importanza dei diversi uffici di cancelleria ai quali sarebbero stati preposti; ed il progettato aumento del numero delle udienze penali non poteva prescindere da un conseguente aumento degli assistenti. Queste erano e permangono le esigenze, che si intendevano soddisfare con la proposta organizzativa, inviata al ministero nel maggio’98; pur mantenendo immutato il numero complessivo del personale già in forza al tribunale ed alla pretura, se ne progettava una diversa distribuzione nei vari livelli, dimezzando il numero dei direttori di cancelleria, diminuendo quello dei collaboratori e degli operatori, ma aumentando la presenza dei funzionari e, soprattutto, degli assistenti. Alla prova dei fatti, quel progetto conserva un’attualità meritevole, nel prossimo futuro, di concrete risposte.

Dovendosi, comunque, fare conto sulle risorse umane disponibili, la scelta, nata da vari incontri con tutto il personale, è stata, tuttavia, quella di rispondere comunque all’esigenza, ritenuta imprescindibile, di creare autonome cancellerie per ciascuno dei servizi, richiedenti una propria autonomia funzionale. Ciò facendo leva, da un lato, sulla disponibilità e capacità di alcuni tra i dipendenti già di VII° livello, dall’altro sulla razionalità complessiva di una organizzazione, ritenuta capace di liberare o, addirittura, creare singole professionalità, se motivate in termini di responsabilità ed esposizione personale.

Certo, in questa prospettiva, dovevano essere prese, e lo sono state, alcune importanti iniziative:

  1. anche le cancellerie sono state fornite di p.c. in rete, dotati di programmi Windows 95 – Office 97 (siamo nel ’98);
  2. è stata promossa l’organizzazione di un corso, sull’uso dei suddetti programmi, affidato ad una scuola regionale ed al quale sono stati chiamati tutti i dipendenti dei due uffici da unificare;
  3. sono stati individuati, tra i funzionari ed i collaboratori quelli da porre a capo delle future cancellerie del giudice unico. Ne è seguito un primo concreto progetto operativo, che ha consentito al personale un adeguato periodo di preparazione ai nuovi incarichi.

 

c) I magistrati

 

L’originaria pianta organica del tribunale prevedeva, oltre al presidente, un posto di presidente ed uno di presidente aggiunto della sezione dei g.i.p., tre posti di presidente di sezione ed undici di giudice, per un totale di 17 magistrati, distribuiti in ragione di 3 al g.i.p., di 4 alla sezione penale, di 4 a quella civile e di 4 con incarichi promiscui.

Quanto alla pretura, disponeva, in pianta, di un posto di magistrato di cassazione con funzioni di consigliere pretore e di sette posti di pretore, dei quali 2 per ciascuno dei settori penale, civile e lavoro ed 1 in funzione di g.i.p.

Va, a questo punto, ricordato che il tribunale di Trieste, non per le sue dimensioni, ma in considerazione della sua storia e, soprattutto, della collocazione geografica del suo territorio, è stato inserito tra i 12 grandi tribunali italiani che, per la legge n. 884/73, tab.A, richiamata dall’art. 1 del d.l. n.327/89, convertito in l. n.380/89, nonché dall’art.13 del d.leg. n.51/98, sono presieduti da un magistrato di cassazione e dispongono di una sezione g.i.p., anch’essa presieduta da un magistrato di cassazione e dotata di un presidente aggiunto.

Ora, poiché il d.leg. n. 51/98, da un lato, prevedeva che i presidenti di sezione ed i giudici stessero in un rapporto non superiore a quello di 1/10, dall’altro, non conteneva alcuna norma modificativa delle norme citate, né è risultata la concreta possibilità che dei 5 posti di presidente di sezione, di cui il tribunale già disponeva, potessero essergli in concreto confermati soltanto i due in forza alla sezione dei g.i.p.; i due posti di presidente di sezione, uno per la sezione penale ed uno per quella civile, che, in una situazione normale, gli sarebbero spettati in relazione al suo organico di 23 magistrati (escluso il presidente), sarebbero rimasti entrambi assorbiti dai due posti semidirettivi, in forza alla sezione dei g.i.p. e da quella non trasferibili ad altre sezioni dello stesso ufficio.

Quella che era stata voluta dal legislatore come una condizione di particolare privilegio, si sarebbe ritorta in gravissimo danno per il tribunale unificato, con un irrazionale sbilanciamento degli unici due posti semidirettivi all’interno della sezione dei g.i.p., costituita da un numero massimo di 4 magistrati (compresi i due semidirettivi), mentre la sezione penale e quella civile, con una dotazione di giudici ben maggiore, sarebbero rimaste prive del presidente.

Ben si comprende, allora, come, per tutto il periodo che ha preceduto la definizione delle nuove piante organiche, ogni intervento della presidenza presso il ministero ed il consiglio superiore sia stato condizionato, in primo luogo, dall’esigenza che l’organico complessivo dei due uffici da unificare, già di 25 magistrati, non subisse riduzioni maggiori di quella imposta dalla perdita del posto del consigliere dirigente, questa sì necessitata dall’impossibilità di riciclare all’interno del Tribunale unificato un altro posto di magistrato di cassazione; in secondo luogo, dalla necessità di conservare almeno due posti di presidente di sezione, nonostante la presenza dei due semidirettivi della sezione dei g.i.p.

Le ragioni perché entrambe queste richieste venissero soddisfatte erano, peraltro, tanto valide, da risultare alla fine vincenti. Le sopravvenienze erano state, nell’anno 1997 e nei due uffici, elevate: 5.035 i nuovi numeri del contenzioso civile, 5527 e 1868 quelli della volontaria giurisdizione e delle esecuzioni, ben 1945 le nuove cause di lavoro e previdenza, 11.962 e 2941 i nuovi processi davanti ai g.i.p.. ed ai giudici del dibattimento penale, oltre ai riesami e appelli del tribunale della libertà; costituivano, secondo i dati comparati, forniti dal ministero per il biennio ’96-‘97, un carico di lavoro civile e penale, rispettivamente superiore del 21% ed inferiore solo del 3% a quello medio degli uffici del distretto; ma si aggiungeva, da un lato, l’esigenza di potenziare il settore lavoro, in vista dell’attribuzione di competenza in materia di pubblico impiego, dall’altro, la necessità di disporre di almeno una unità lavorativa, da impiegare a tempo pieno, nei procedimenti del tribunale della libertà; né, infine, andava sottaciuta l’esigenza che la corte d’appello potesse attingere al tribunale di Trieste per le prevedibili applicazioni di un giudice lavorista alle controversie di lavoro in grado di appello.

Né poteva risultare in alcun modo presentabile una pianta organica, che, lasciando scoperte le sezioni penale e civile, concentrasse la presenza delle uniche due figure semidirettive nella sezione dei g.i.p.

Constatando, oggi, che la proposta organizzativa, formulata nel maggio ’98, ha avuto piena attuazione, va dato atto al ministero di essersi determinato, con riguardo alla particolarissima situazione del tribunale di Trieste, con sensibilità e concretezza: il superamento del dato normativo formale, con l’esclusione dei due semidirettivi della sezione dei g.i.p. dal rapporto 1/10 con i giudici, ha consentito all’ufficio unificato di mantenere una pianta organica ben bilanciata e, soprattutto, adeguata alle necessità di un tribunale distrettuale, caricato, in particolare, del tribunale della libertà, del contenzioso erariale, dei procedimenti a carico dei magistrati di un altro distretto, nonché della competenza distrettuale, attribuita al g.i.p. dall’art. 328, comma 1° bis c.p.p., con riguardo ai reati di cui all’art. 51, comma 3° bis c.p.p..

Un breve cenno richiede, infine, la sezione stralcio: il suo organico di due g.o.a., certo di per sé sufficienti ad esaurire le poco più di 1000 cause vecchio rito, rimaste da definire, è stato in parte ottimamente coperto, fin dall’inizio, da un magistrato in pensione; diversamente per il secondo posto disponibile, coperto, fino all’ottobre 1999, con l’applicazione di un giudice del tribunale e, successivamente, con un notaio, di recente dimessosi.

 

2) I criteri con i quali l’unificazione è stata condotta

 

Lo spazio, qui riservato all’insieme delle attività preparatorie, compiute od iniziate nell’anno 1998, quando si dava per certo che il giudice unico dovesse avere efficacia con il 2 gennaio ’99, può sembrare eccessivo in una sintesi come questa.

E, tuttavia, oggi, mentre il lavoro di un biennio sta finalmente per concludersi, risulta sempre più evidente che proprio e soltanto nella scommessa, giocata in quel periodo, sta la chiave di ciò che è stato possibile fare nell’anno 1999 e completare in questi primi mesi del 2000.

 

  1. La soluzione logistica
  2.  

    Una volta acquisita la certezza sugli spazi dei quali il tribunale avrebbe potuto disporre all’interno dell’edificio, restava da decidere della loro utilizzazione: quali alle cancellerie ed ai vari servizi, quali ai magistrati, quali alle aule d’udienza.

    Era per tutti chiaro che su queste scelte si sarebbe giocata la possibilità, questa veramente epocale, di dare all’ufficio una sistemazione finalmente razionale.

    Occorreva un criterio generale, che, se non poteva del tutto prescindere dall’esigenza di mantenere alcuni spazi di rappresentanza, comunque funzionali alle previste riunioni periodiche di giudici e personale, nonché alle camere di consiglio civili, e, come tali, riservati rispettivamente alla presidenza del tribunale ed al presidente della sezione civile, doveva assicurare il necessario spazio vitale ai servizi di cancelleria.

    Non si poteva, cioè, continuare a comprimere il personale amministrativo in locali insufficienti al numero degli addetti, lasciando comunque i locali migliori ai giudici, anche nei casi in cui, essendo questi assegnati alla sezione penale, la loro stanza non sarebbe servita a tenere udienza.

    Di qui uno studio della distribuzione logistica, che ha messo in prima linea i servizi di cancelleria. Sono stati, innanzitutto, individuati i diversi gruppi operativi, distinguendoli nei tre settori: g.i.p., penale e civile; poi, all’interno di ciascun settore sono stati disegnati, anche per numero di addetti, i singoli uffici di cancelleria, ai quali attribuire un’autonomia logistica, che non trascurasse l’esigenza di una contiguità spaziale tra i servizi funzionali ad una stessa sezione o preposti, all’interno di questa, ad analoghe procedure. E’ stato così, possibile distribuire i locali necessari a ciascun ufficio, assegnandoli, quanto all’ufficio dei g.i.p., al ruolo generale ed alla cancelleria delle udienze preliminari, nonché agli assistenti di ciascun giudice; quanto alla sezione penale, alle cancellerie incaricate del dibattimento (compresa la corte d’assise), della fase esecutiva, del tribunale della libertà, del campione penale e dei corpi di reato; quanto alla sezione civile, alle cancellerie addette al contenzioso ordinario, alla sezione stralcio, alle controversie di lavoro, ai fallimenti, alle esecuzioni immobiliari, a quelle mobiliari ed alla volontaria giurisdizione, distinguendosi quella già di competenza del tribunale (soprattutto famiglia e società) da quella già di competenza della pretura (provvedimenti del giudice tutelare, eredità giacenti, certificati di eredità, ammortamenti, etc.); ciò tenendo conto anche dei servizi del campione civile e del modello 12, nonché degli altri minori, da accorparsi all’uno o all’altro degli uffici principali. L’originario progetto logistico ha dimostrato, alla prova, una tenuta pari alle aspettative: quasi tutti gli uffici penali e civili trovavano adeguata sistemazione rispettivamente al secondo piano ed al pianterreno dell’edificio; al terzo potevano essere collocati alcuni uffici per loro natura decentrabili: la sezione stralcio (2 g.o.a e la cancelleria) ed i servizi del campione penale, del modello 12, dei corpi di reato (dotato, peraltro, anche di un caveau e di due depositi blindati nel seminterrato) e del consegnatario; i locali della presidenza, del dirigente e delle segreterie potevano restare al secondo piano; operati alcuni necessari recuperi e restauri, ciascun piano poteva, inoltre, ospitare anche tutti i magistrati del settore in esso collocato, in stanze individuali, che, pur essendo quasi sempre meno spaziose di quelle assegnate alle cancellerie, erano tuttavia comode e decorose.

    Unanime è stata l’adesione del personale, rappresentanze sindacali comprese, a questo progetto che vedeva riconosciuta la priorità delle ragioni di efficienza rispetto a quelle di rappresentanza. Ma, una volta fatta questa razionale scelta di base, avallata da tante ispezioni e consultazioni con tutti gli interessati e con gli organi tecnici del genio civile e del comune, bisognava trovare i mezzi per attuarla.

    Trattandosi notoriamente di una riforma a costo zero, era chiaro che il ministero non avrebbe potuto mettere a disposizione alcun capitolo di spesa; non restava, allora, che il comune, tenuto alla manutenzione ordinaria del palazzo di giustizia e, sia pure tra le righe, indicato nelle circolari ministeriali quale unico possibile finanziatore dell’impresa (salvo ovviamente il successivo recupero dall’erario), anche con riguardo ai traslochi,. Né il comune di Trieste è venuto meno all’aspettativa: investito per tempo della questione sia dai capi degli uffici interessati, sia dalle delibere della commissione di manutenzione del secondo semestre del ’99, l’ente locale, dimostrando grande disponibilità e sensibilità per un’operazione giustamente sentita come un’occasione davvero unica per dotare la città di una struttura giudiziaria più efficiente, ha deliberato per tempo il necessario finanziamento ed ha contratto i necessari appalti con ditte edili e di facchinaggio.

    Le operazioni, iniziate nel maggio ’99 e precedute da una lettera della presidenza che, non sottraendosi all’enfasi del momento, invitava il personale e i giudici a fare del loro meglio, hanno riguardato, tra procura e tribunale, ben 100 locali, con una spesa risultata complessivamente di circa 400 milioni di lire; il trasloco era preceduto, in sintonia, dall’opera della ditta edile, incaricata della tinteggiatura delle stanze e, in molti casi, del restauro dei pavimenti. Il criterio seguito è stato quello di traslocare per primi gli arredi degli uffici, destinati ai locali del terzo piano, liberati e già restaurati a seguito della ristrutturazione degli archivi, risalente al ’98; quindi di provvedere al restauro dei locali così liberati, per poi traslocarvi gli uffici ad essi destinati, così attuando una catena virtuosa, che ha consentito lo sviluppo dell’intera operazione, senza intoppi e, soprattutto, senza alcun arresto dell’attività giudiziaria.

    Il trasporto dei fascicoli, dei faldoni e delle apparecchiature è stato supportato con dedizione e competenza dal lavoro di tutto il personale, che, a tutti i livelli, ha provveduto ad imballare quanto di sua competenza ed a seguirne lo spostamento: non mi risulta che sia andato disperso neppure un fascicolo.

    Ma la cosa, che più mi ha favorevolmente colpito è che tutto il personale e tutti i giudici sono andati ad occupare i locali loro assegnati senza proteste o lamentele di alcun genere. Oggi, ancora, mi chiedo se ciò sia da ascrivere soltanto alla bontà di un programma unanimemente condiviso e non anche alla paziente disponibilità dell’ambiente triestino.

    Così, con il mese di ottobre del ’99 questa operazione poteva dirsi per la maggior parte conclusa, restando da completare soltanto il trasloco di alcuni pochi locali, rimasto necessariamente in coda alla liberazione degli spazi già occupati dalla procura presso il tribunale per i minorenni e portato a termine nei primi mesi di quest’anno.

    Nel frattempo è stato completato il cablaggio dell’intero edificio, con conseguente messa in rete non soltanto del re.ge., ma anche del c.e.d. della cassazione e dei c.d. delle principali riviste giuridiche.

    Con il finanziamento del ministero, si è, quindi, proceduto all’acquisto di nuovi arredi, nonchè di due grandi archivi mobili rotanti e di un archivio compattabile, scorrevole su rotaie, che risolveranno le esigenze del lavoro corrente della cancelleria del contenzioso civile e di quella delle controversie di lavoro.

    E’ attualmente in corso la procedura per l’acquisto di impanti di video-registrazione, dei quali dotare le aule di udienza.

     

  3. La distribuzione dei servizi e del personale di cancelleria
  4.  

    Fermo il criterio base di attribuire una propria autonomia a ciascuno degli uffici di cancelleria, accorpando, innanzitutto, in spazi contigui i servizi già del tribunale e della pretura, riguardanti la stessa sezione e lo stesso settore operativo, l’unificazione ordinamentale del 2 giugno ’99 ha subito posto il quesito se fosse meglio procedere fin dall’inizio ad una redistribuzione degli incarichi o, invece, conservare a ciascuno quelli, conferitigli prima dell’unificazione.

    Questa seconda scelta è stata, peraltro, imposta dalla constatazione della diversità tra l’organizzazione delle cancellerie del tribunale e della pretura. E', infatti, risultato evidente, da un lato, che i metodi di lavoro, acquisiti dal personale del tribunale nella gestione di un numero di procedure misurabile in centinaia di unità, non avrebbe potuto essere convenientemente utilizzato per le migliaia di procedimenti in carico alla pretura; così come sarebbe stato un grave errore mettere in crisi l’organizzazione, anche se del tutto insufficiente, che le cancellerie della pretura si erano data nel tempo, con il pochissimo personale disponibile, per far fronte ai carichi di quell’ufficio.

    Il criterio adottato è stato, quindi, quello, insostituibile in qualunque emergenza, di continuare a far fare a ciascuno quello che stava facendo e che si doveva presumere sapesse fare. Né va trascurato il fatto che si trattava di persone, che non avevano mai lavorato assieme e che, in molti casi, neppure si conoscevano.

    Peraltro, poiché i dipendenti già di 8° e 9° livello, in servizio nei due Uffici, erano complessivamente 6, dei quali una facente funzioni di dirigente del Tribunale, un altro già responsabile della cancelleria fallimentare e dell’organizzazione degli archivi ed una terza ormai prossima ad una lunga assenza per maternità, si è ritenuto opportuno dotare di una direzione unitaria soltanto le cancellerie del contenzioso civile, della volontaria giurisdizione e delle esecuzioni, conferendola ai tre direttivi di maggior livello, che già si occupavano di detti settori in tribunale o in pretura. Ciò è stato, comunque, utile per sperimentare, per ciascuna di queste tre cancellerie, un servizio unificato dall’unica dirigenza, oltre che dalla contiguità logistica, ma ancora suddiviso in uffici rimasti gli stessi, per personale addetto e materie trattate, di quelli precedenti l’unificazione. Il tempo ha dato ragione a questa scelta, che ha evitato strappi operativi ed sta consentendo una graduale omologazione dei diversi metodi di lavoro.

    Quanto, invece alla cancelleria del g.i.p. ed a quella della sezione penale (suddivisa in autonomi servizi per la fase dibattimentale, quella esecutiva ed il tribunale della libertà), già dislocate, dal 2 giugno ’99, in locali contigui tra loro ed agli uffici dei giudici delle rispettive sezioni, esse restano tuttora gestite, nei diversi uffici che le compongono, da personale già di 7° livello, che opera con competenza e dedizione, ma che manca di un responsabile, preposto alla vigilanza e all’organizzazione dei vari servizi di settore.

    Ma l’unificazione, rovesciando sul tribunale le carenze e gli arretrati ormai cronici della pretura, ha imposto anche un’ulteriore scelta di rilievo: la situazione di totale dissesto, nella quale si trovavano alcuni servizi, in particolare quelli del campione penale, dei corpi di reato e delle schede penali, ha evidenziato il gravissimo rischio di un rapido inquinamento dello stato di relativo benessere, goduto dagli stessi servizi del tribunale, qualora gli arretrati della pretura fossero stati presi senz’altro in carico dagli uffici di nuova costituzione. L’unica soluzione, apparsa razionale, è stata, allora, quella di costituire, almeno per questi settori maggiormente in crisi, degli uffici stralcio, che si occupassero soltanto di quegli arretrati fino al loro esaurimento.

    Si è trattato di una scelta sofferta, stante la necessità di sottrarre varie unità lavorative al lavoro corrente; e, tuttavia, a distanza di qualche mese, quando si comincia ad intravedere la possibilità di chiudere le posizioni arretrate entro la fine dell’anno in corso, finalmente recuperando il personale ad esse addetto, quella via si conferma come la sola percorribile.

     

  5. Le tabelle

 

Di tutti i problemi conseguenti all’unificazione, quello di più immediata e semplice soluzione è stato certamente costituito dall’integrazione dei giudici della pretura nell’organico del tribunale: chi si occupava di penale è stato assegnato, a sua richiesta, alla sezione penale ed i civilisti alla civile.

La vacanza del posto di consigliere dirigente non soltanto ha evitato situazioni antipatiche, ma ha consentito al presidente del tribunale di assumere le funzioni di dirigente della pretura fin dal gennaio ’99, così anticipando le possibilità di conoscenza delle diverse realtà in via di unificazione.

Grande aiuto è derivato, per una equilibrata riorganizzazione, dalla nuova pianta organica dell’ufficio, che, per quanto già detto, ha salvato i posti semidirettivi coperti, consentendo di costituire le tre sezioni, penale, g.i.p. e civile, ciscuna con il suo presidente. L’aumento dei magistrati, passati in pianta da 17 a 24, nonostante due vacanze e due assenze per maternità, ha permesso di prefigurare per la prima volta quella netta distinzione tra giudici addetti al penale e al civile, che costituiva una esigenza primaria e che è stata via via attuata.

Nonostante ciò, il lavoro tabellare è stato particolarmente gravoso, connotato com’era dall’esigenza dei continui aggiustamenti, richiesti dalla presa d’atto, sul campo, dei carichi di lavoro della pretura, inusitati per chi era abituato al lavoro del tribunale, sia sotto il profilo numerico, sia per la particolarità di molte procedure. Da quella resa esecutiva il 2 giugno ’99 all’ultima del febbraio 2000, le variazioni tabellari urgenti, tutte frutto di consultazioni e verifiche collettive, nonché del capace apporto dei presidenti di sezione, sono state ben sei.

Tutto questo lavoro ha, peraltro, consentito di concepire le tabelle del prossimo biennio alla stregua di un testo unico e, soprattutto, di vararle senza una sola osservazione da parte dei magistrati dell’ufficio.

E’ inutile, date la dimensione e le finalità di queste note, diffondersi in particolari al riguardo. Basta dire che, nel settore civile, le varie materie sono state suddivise tra i giudici in considerazione sia della disponibilità di ciascuno, sia delle specifiche sopravvenienze. Ottenere un’equa distribuzione dei carichi, soddisfare le esigenze di specializzazione dei singoli giudici, accelerare l’iter dei processi, assegnandoli a giudici esperti della materia, e favorire l’uniformità di indirizzo giurisprudenziale sono stati gli obbiettivi perseguiti, anche con la previsione, all’interno della sezione, di collegi, diversamente presieduti in ragione della specifica materia trattata (v. i collegi per gli appelli di lavoro, per le procedure concorsuali, per i reclami, etc.). Notevole impegno, ha richiesto la predeterminazione dei criteri di assegnazione di tutti gli affari, che è stata completata, con successive variazioni tabellari, man mano che risultava più chiaro il carico dei vari procedimenti speciali ereditati dalla pretura.

Quanto al settore penale, sono stati adottati, sia pure per gradi ( la distribuzione dei processi già in carico ai giudici provenienti dalla pretura è stata attuata con le variazioni tabellari del 30 dic. ’99 e del 10 febb.2000) , i criteri di assegnare tutti i 6 giudici addetti alla sezione penale alle funzioni sia monocratiche che collegiali, nonché di aumentare il numero delle udienze in ragione del 30%, portandone il numero dalle 24 mensili, complessivamente previste nel calendario del tribunale e della pretura prima dell’unificazione, alle attuali 32.

Per il tribunale della libertà, che, con il suo carico annuo di oltre 500 procedimenti, condiziona pesantemente il lavoro della sezione, la scelta, imposta dall’esigenza di ridurre gli effetti delle incompatibilità, è stata quella di farlo presiedere, almeno per i processi di competenza del tribunale di Trieste e relativi a reati per i quali sussiste la riserva di collegialità, dal presidente della sezione civile.

Uguali esigenze si sono poste per la sezione dei 4 g.i.p.; ma qui le scelte compiute non sono ancora risultate del tutto sufficienti ad evitare che, proprio per i processi di maggior peso, tutti i giudici della sezione possano trovarsi in situazioni di incompatibilità, con conseguente coinvolgimento dei giudici della sezione penale.

Certo, le tabelle per il prossimo biennio saranno qui ricordate anche per la difficoltà di aderire utilmente alla richiesta di utilizzare stampati, studiati per i tribunali di grandi dimensioni oppure per quelli monosezione, non certo per tribunali medi come quello di Trieste. Di qui lo studio e l’adozione di uno stampato adatto a questa realtà, nel quale contenere i dati richiesti dal C.S.M., ma nel quale indicare anche tutti quei dati indispensabili, per la loro specificità, ad un serio controllo dell’andamento del servizio.

 

4. Conclusione

 

Il risultato di questi due anni di lavoro è, oggi, costituito, innanzitutto, da un palazzo di giustizia, che, per gli spazi recuperati e per la razionalità della loro distribuzione, può reggere degnamente fino alla prossima riforma epocale.

Questa operazione resterà nell’esperienza triestina come importante e singolare. A ben vedere, ciò che l’ha consentita va ricercato in un insieme di vari fattori, non facilmente ripetibile: l’esistenza di un capace edificio; la mancanza di sezioni distaccate; il costruttivo rapporto creatosi con gli uffici tecnici del comune di Trieste, dell’ufficio del territorio e del genio civile, nonché con gli uffici IV° e VI°, aff.civ.lib.prof. del ministero; il pieno accordo tra il presidente del tribunale ed il procuratore della Repubblica su un progetto, condiviso e realizzato con la piena collaborazione dei magistrati, del personale e degli avvocati; non ultimo il congruo finanziamento, deliberato dal comune di Trieste.

Quanto all’organizzazione del lavoro, va ricordato che le scelte adottate hanno consentito ai servizi di funzionare senza soste apprezzabili e senza le situazioni di panico, prevedibili in chi si fosse trovato, in un momento così delicato, a fare quello che non sapeva fare: tutto questo movimento logistico ed organizzativo non ha comportato la perdita di neppure un giorno di udienza!

Oggi, a distanza di circa un anno dall’unificazione, si sono evidenziate, all’interno dei vari servizi, quelle osmosi, dettate dalle singole preferenze e capacità, che costituiscono la base della riorganizzazione.

Alla domanda di quale sia stato il valore aggiunto della riforma del giudice unico nell’esperienza triestina, rispondo che va individuato in una più razionale distribuzione degli spazi e dei servizi, ma, forse soprattutto, nel salvataggio della pretura, lasciata, negli ultimi anni della sua esistenza, quanto a giudici e, soprattutto, a personale, in situazioni davvero disperate; ciò soprattutto nel settore del contenzioso civile, delle esecuzioni mobiliari e nei servizi del campione e dell’esecuzione delle sentenze penali. L’unificazione con il tribunale, da qualche tempo alleggerito nei carichi (v. l’aumentata competenza per valore del pretore nelle controversie civili e lo stralcio delle vecchie pendenze civili dei tribunali), può, oggi, consentire questo salvataggio, a patto che il ministero mantenga tempestivamente le sue promesse, specialmente con riguardo alle indispensabili risorse umane. Diversamente, c’è il concreto rischio che lo sforzo necessario a sostenere le deficienze della pretura si esaurisca, lasciando anche le nuove strutture ad affondare sotto il peso insopportabile, ereditato da quello stesso ufficio, che dovevano salvare.

 

(pubblicato su "Documenti Giustizia" n.4 Luglio - Agosto 2000)