INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2003

Intervento dell’avv. Mario Diego – Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trieste

Eccellentissima Corte d’Appello

Eccellentissimo Signor Procuratore Generale,

Autorità, Religiose, Militari e Civili

Magistrati e Colleghi tutti,

Signore e Signori.

* * *

La situazione contingente impone di esordire con una considerazione altrimenti banale.

La cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario nella sede della Corte di Cassazione e poi dei singoli Distretti, con le attuali modalità di termini e tempi di intervento, ci appare come un momento utile di esame e confronto sulle problematiche della Giustizia. Un momento in cui anche la voce delle rappresentanze istituzionali dell’Avvocatura ha modo di esprimersi con una propria chiara identificazione.

Per questo e pur nel rispetto di diverse posizioni (è doveroso segnalare che nel nostro Distretto l’Ordine di Tolmezzo è assente per protestare contro la situazione generale e locale della Giustizia), riteniamo di essere presenti e di esprimere la nostra posizione.

Posizione che non vuole essere, ne è, contingente "esternazione" personale del Presidente dell’Ordine Distrettuale, ma sintesi del costante e serrato dibattito dei sedici Ordini dell’Unione Triveneta (rappresentanti circa 9.000 avvocati iscritti) sviluppato nel costante dialogo e confronto con i delegati dei tre Distretti al Consiglio Nazionale Forense, all’Organismo Unitario dell’Avvocatura, alla Cassa Forense e con le rappresentanze delle Associazioni degli avvocati.

Naturalmente nessuno allega all’occasione maggior rilievo di quanto non ne abbia; essa non è certo nè momento catartico né taumaturgico: comunque è momento che va utilizzato per quanto si possa (a nostro avviso senza che sia opportuno ricorrere ad apparati coreografici).

Certamente, l’Avvocatura ha chiesto ben altro momento di confronto, proponendo, all’inizio della nuova legislatura, la convocazione di una Conferenza nazionale della Giustizia. Tale poteva e doveva essere il momento deputato ad un ampio e compiuto dibattito, per avviare una profonda e coerente riforma della Giustizia nel suo complesso.

La proposta non è stata accolta dal Governo, né dal mondo politico, ove non ha trovato sostegno. Ce ne rammarichiamo: il risultato è infatti evidente nella frammentarietà delle riforme in corso, che non sono riconducibili ad un progetto lungimirante e complessivo.

Il nostro scontento non sarà però un alibi per evitare prese di posizione, almeno su alcuni essenziali punti delle riforme in corso.

L’anno trascorso, è doveroso dirlo, ha visto la promulgazione di alcune leggi, interessanti il diritto e la procedura penale, parte anche condivisibili, parte invece per nulla condivise dall’Avvocatura (ricordo, ad esempio, l’art. 41 bis del c.p.p.), varate con un’ urgenza legata a situazioni contingenti e particolari, chiare alla politica, non però certamente correlate ad un’organica valutazione di priorità nell’ambito delle problematiche della Giustizia.

Molte altre riforme, di importanza effettivamente strategica, sono tuttora in fase di discussione e studio. Di ciò però non ci si può lamentare, essendo certamente il tempo trascorso più che giustificato dalla complessità delle tematiche affrontate ed anzi essendo apparso qualche momento di "accelerazione" perfino troppo precipitoso.

Confidiamo che dal lavoro preparatorio, escano buone leggi e chiare e che il regime di "vacatio" e transitorio sia retto da norme più adeguate alle necessità, anche dei professionisti, di quanto non stia avvenendo – ad esempio - per la nuova legge sulle società commerciali.

Non ci stancheremo di ripetere che una buona e non pletorica legislazione "sostanziale" civile, penale, amministrativa, tributaria, …….. è il presupposto necessario, prima di qualsiasi riforma delle legislazioni di rito, per un soddisfacente andamento della Giustizia.

E se le cose in Italia, in tema di Giustizia, vanno male, la causa va sempre ricercata innanzi tutto in una legislazione "sostanziale", ipertrofica, farraginosa, tecnicamente inadeguata, sin dalla premessa di voler risolvere tutto regolamentandolo con una legge (in tal senso, la recente Finanziaria è stata un chiaro esempio di ciò che non si dovrebbe fare). In queste condizioni, la migliore legislazione di rito non potrebbe fare miracoli !

In effetti, l’anno trascorso, nonostante alcuni ottimismi espressi l’anno scorso, dai rappresentanti del Ministero, non ha segnato significativi miglioramenti nella situazione della Giustizia italiana: semmai uno strisciante peggioramento.

L’Avvocatura ha contestato, con un preciso e documentato intervento del proprio Organismo Unitario (ma anche – voglio ricordare – con l’intervento di singoli Consigli dell’Ordine, in particolare del Consiglio di Vicenza), i dati forniti dal Ministero, evidenziando gli errori, sia di impostazione metodologica, che per quanto ai dati materiali assunti a base statistica, in alcuni casi forniti con premeditata alterazione, in particolare per quanto ai carichi pendenti.

Pare quindi corretto che, a questo punto, nemmeno il Ministero della Giustizia, sostenga l’esistenza di un effettivo "trend" di miglioramento della qualità (di cui il tempo è intima componente) della Giustizia italiana ed è di conforto che, perlomeno, i dati statistici siano oggetto di revisione critica, sicchè confidiamo che si arrivi, finalmente, ad analisi statistiche impostate in modo realistico ed effettivamente utili, anche se esse, inevitabilmente, finiranno con lo "spargere sale" sulle ferite della Giustizia italiana.

Insomma e per essere chiari, è assolutamente inutile, ad illustrare l’effettiva durata del giudizio civile, la fornitura di dati "medi" che inglobino i tempi di cause decise e cause conciliate o abbandonate, di contenziosi ordinari e divorzi consensuali.

I dati su cui si misura la capacità di risposta della giustizia civile italiana sono quelli del termine medio di rinvio delle singole udienze e, soprattutto, quelli intercorrenti tra l’ultima udienza di trattazione e quella di decisione della causa: e se i tempi per la decisione sono di due – tre anni (come avviene e come è stato denunciato) ciò è indecente quale fosse il termine "medio" di durata dei processi. Si vedano anche i tempi per la decisione dei procedimenti per Cassazione !

La riforma del processo civile, così come prospettata e che, se pur con necessari approfondimenti, è condivisa nelle sue linee portanti dall’Avvocatura (è stato oggetto di esame anche nel recentissimo Congresso Nazionale di Verona), sarà occasione, in tal senso, di possibile chiarezza. I tempi del processo perderanno l’attuale sistema di rigide scansioni e, consentendo a ciascuna delle parti di far "scattare l’orologio" per i provvedimenti del Giudice sulla causa, isolerà i tempi attribuibili alle parti (che a pieno diritto possono, se concordi, ritenere opportuna la dilazione) da quelli propri del Giudice, consentendo di non addebitare alla Giustizia i ritardi delle parti, ma così pure eliminando scontati alibi (ho sentito nuovamente serpeggiare, a giustificazione dei ritardi della Giustizia, la tesi dei rinvii richiesti dagli avvocati che, ricordo, già ha costituito il demonizzato "male", cui l’ultima riforma del procedimento civile avrebbe dovuto inesorabilmente porre rimedio potenziando i poteri di direzione del processo da parte del Giudice !): con la riforma saranno certamente chiari e statisticamente determinabili, i tempi di ciascuno !

Certo il nuovo rito, se approvato, comporterà per l’Avvocatura una sfida epocale ed un radicale mutamento di mentalità, anche a livello deontologico.

La possibilità infatti di accelerare i tempi, senza più "scusanti" addebitabili alla controparte o al Giudice, porterà certamente a nuovi rapporti tra gli avvocati ed i loro clienti ed i colleghi.

Non so se l’Avvocatura sia perfettamente pronta a simile sfida; certamente essa la accetta; quantomeno, come sempre, essa saprà fare di necessità virtù.

Al progetto di riforma del codice di procedura civile si affiancano numerosi altri importanti progetti, né è possibile esaminarli tutti (salvo tornare a rammaricarsi del mancato appuntamento con una Conferenza Nazionale). Certamente la riforma del Codice Penale è di assoluta necessità: confidiamo che nell’ambito di tale riforma si giunga ad una razionale graduazione delle pene in relazione all’effettiva gravità e disvalore sociale: è utopia pensare che nella commisurazione delle pene si ragioni anche, finalmente, in termini di effettiva "capacità carceraria" del sistema, tenendone conto ?

Riforma certamente necessaria ed impellente, anche se certo "spinosa", è quella dell’Ordinamento giudiziario. Proprio questa riforma avrebbe ancor più preteso un ampio dibattito coinvolgente l’Avvocatura. Si finisce così con il parlare sempre di argomenti "chiave", estrapolandoli però da un contesto complessivo.

Non eluderemo però il problema: è ferma convinzione dell’Avvocatura, assunta nei propri deliberati congressuali, che la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente, sia necessaria per l’effettiva attuazione del "giusto processo" di cui l’effettiva terzietà dell’organo giudicante è condizione necessaria.

L’affermazione non è "di religione", ma "di ragione" ed è il portato dell’esperienza convergente degli avvocati italiani. Un’analisi del mutamento delle funzione del P.M., da quei tempi, ormai lontani, in cui l’attività di indagine si svolgeva autonomamente dal P.M. stesso, che era semplicemente il rappresentante nel processo dell’accusa, porta, per altra via, ad identica conclusione.

L’Avvocatura, che fermamente considera l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura presupposto essenziale dell’amministrazione della Giustizia, a tutela del cittadino (non dimentichiamo certo il mugnaio di Potsdam) non vede in tale separazione alcun attentato ed è pronta a sostenere ogni idonea garanzia alla tutela dell’effettiva autonomia ed indipendenza del P.M.

Ribadisco, indipendenza effettiva per la quale non bastano astratti principi ma occorrono anche: numeri, mezzi, preparazione e competenza specifica.

Sul punto, ho letto che si è chiesto, provocatoriamente, di quanto la separazione delle carriere ridurrà la durata del giudizio penale; la provocazione è agevolmente rovesciabile chiedendosi quanto l’attuale situazione acceleri la durata dei processi.

Ma, per vero, la provocazione irrita: il processo civile e penale ha da essere giusto e la tempestività della decisione è elemento essenziale del "processo giusto", non certo però elemento unico; che altrimenti, per risolvere il problema della giustizia, basterebbe introdurre la sentenza per sorteggio.

Brevi cenni su alcuni ulteriori, ma essenziali punti.

Legislazione sulle professioni: l'Avvocatura ritiene che, ben più confacentemente, la riforma della legge sulla professione di avvocato dovrebbe precedere e non seguire la riforma delle professioni. E' comunque essenziale che si pervenga ad una rapida e soddisfacente legge, anche in modo da evitare che la potestà legislativa concorrente delle Regioni, il cui intervento, per alcune potenzialità, può essere invece molto utile, si concretizzi in una frammentazione della professione, assolutamente inammissibile per le funzioni affidate all'Avvocato.

Tuttavia il dialogo con le Regioni, per un utile intervento nel settore della Giustizia, è avviato, proprio dalla nostra Unione Triveneta, al momento, in particolare, per ragioni contingenti, con la Regione Veneto, ma programmaticamente quanto prima anche con la nostra Regione Friuli-Venezia Giulia.

Nella legislazione sulla professione abbiamo tuttavia motivo di dolerci fortemente per quanto almeno a due provvedimenti, di assoluta urgenza, tuttora carenti: è essenziale per garantire l'indipendenza dell'Avvocatura che venga portato finalmente a termine il percorso legislativo del provvedimento ripristinante l'incompatibilità con il lavoro dipendente anche nel caso del part-time. Il provvedimento conclusivo, da tempo prospettato come immediatamente prossimo, si è "disperso". Ribadisco la ferma richiesta dall'Avvocatura.

Tuttora, inoltre, non è stato risolto il nodo del regime fiscale delle società tra avvocati, nell'amletico dubbio del principio di cassa o competenza. Il dubbio paralizza l’altrimenti importante risorsa, utile per competere con le "law firm" internazionali. E' assurdo che di fronte ai dubbi sollevati non vi sia un provvedimento chiarificatore, che ovviamente auspico, conformemente alla tesi sostenuta dall'Unione Triveneta, nel senso del riferimento al principio di cassa.

Ultima notazione è sui mezzi finanziari destinati dallo Stato alla Giustizia: parrebbe di capire che sia opinione del Ministro che sia inutile aumentarli, vista la situazione. Se così fosse si tratta di un macroscopico errore: la Giustizia ha assoluta necessità di maggiori risorse ed è impensabile qualsiasi adeguato effettivo miglioramento a costo zero !

Ad esempio l’informatizzazione ed il processo telematico non possono bloccarsi, come sta avvenendo, per difetto, o anche semplice ritardo, nella disponibilità addirittura di fondi già stanziati. Naturalmente i fondi vanno spesi bene e ponderatamente e su ciò nessuno può essere d’accordo più che l’Avvocatura, che è stata oberata negli ultimi tempi da complessi ed onerosi nuovi compiti, cui essa deve sopperire con proprie risorse. E’ ragionevole ritenere che uno sforzo finanziario dello Stato con un buon impiego dei fondi accompagnato da una veramente razionale redistribuzione delle risorse, potrebbe portare a risultati apprezzabili. Le Regioni, come già detto, potrebbero e avrebbero effettivo interesse a "dare una mano": l’ipotesi di far convergere, in un progetto unitario, la "formazione professionale", con l’ "ufficio del Giudice" è una buona ipotesi.

 

 

 

Passando alla situazione locale si può dire che essa è "esemplare" nel senso di "paradigmatica" rispetto a quanto sostenuto.

Partendo dalla situazione del Tribunale di Trieste, si può dire che il Tribunale penale non manifesta un arretrato di effettivo rilievo: ciò naturalmente è opera di una scelta di priorità, che ha sacrificato, in qualche modo, il "civile". Comunque si tratta di un risultato certamente non da poco, che è stato reso possibile dall’impegno, di cui va dato atto, dei magistrati ma anche e non secondariamente da un’attenta consultazione tra il Presidente del Tribunale ed i Presidenti di Sezione e l’Ordine Forense, che ha portato, tenendo conto anche delle esigenze della Procura della Repubblica, a soluzioni pratiche atte a consentire una buona scansione dei processi: in ciò e ne diamo atto, c’è stata anche una "ragionevole" prassi in tema di chiamata del difensore d’ufficio (istituto che nel nostro Foro presenta particolari problematiche per carenza di iscritti).

Non sono mancati tuttavia momenti di contrapposizione o di forte polemica, che sono per maggior parte addebitabili al gravoso impegno cui sono stati sottoposti magistrati e avvocati per la "normalizzazione" dell’arretrato.

E’ da auspicare che, superata la fase emergenziale, la "navigazione" possa affrontare momenti meno procellosi e quindi consentire a tutti una normale organizzazione del lavoro.

Ma soprattutto "paradigmatica", nel senso delle tesi esposte nella parte generale, è la situazione della Giustizia civile.

Anche qui l’impegno del Presidente del Tribunale e dei Presidenti di Sezione e dei singoli magistrati, unito ad un attenta consultazione dell’Ordine Forense ha portato a risultati apprezzabili.

Va peraltro anche chiarito, preliminarmente, che la realtà di una situazione di "recessione", o quantomeno di "stagnazione" della vita economica cittadina, ha portato ad una sensibile diminuzione del contenzioso, anche in presenza di un ceto forense che, per buona parte, incoraggia, per cultura, piuttosto la definizione transattiva stragiudiziale che non la lite.

In questa contingente situazione, la durata del processo "tende", ribadisco "tende", ad avvicinarsi a parametri "accettabili", anche tenendo conto non dei tempi "medi" ma dei tempi effettivamente rilevanti (rinvii, scioglimento delle ordinanze istruttorie e decisione della causa ….).

Tuttavia questo quadro, certamente non negativo, quantomeno comparativamente ad altre situazioni, appare impotente a risolvere le problematiche di normale eccezionalità (trasferimenti di magistrati, vacanze dei ruoli, ecc..) sicché la conclusione è che il cittadino, in numerosi casi, avrà più che da lamentarsi dei tempi della Giustizia civile, ritenendola indegna di uno Stato civile. Si racconti ad un cittadino, interessato, ad esempio, dallo spaventoso ritardo accumulato da processi giunti al momento della decisione e poi trasferiti alla Sezione stralcio e che lamenti gli anni ed anni di inerte attesa, che peraltro la "media" durata dei processi in sede locale non è poi così tragica !

Le disfunzioni inoltre di altri organi (esempio: Ufficio Notifiche; per quest’ultimo in buona parte provocate da una pianta organica errata, di cui invano da tempo si chiede la modifica) comportano disfunzioni a catena. Così la tardiva comunicazione di ordinanze istruttorie portava a perdite di udienze per termini comunicati tardivamente. Sempre dalla consultazione Tribunale / Consiglio dell’Ordine, preso atto del problema, è stato perlomeno possibile individuare degli "accorgimenti", che ovviamente, però, impegnano maggiormente cancellerie ed avvocati.

Ulteriore segnalazione riguarda la miglior efficienza delle dotazioni d’ufficio ed il portale Internet voluto dal Presidente del Tribunale e dal dirigente di Cancelleria, con risultati apprezzabili per la possibilità di accesso ai dati del Ruolo Generale. L’iniziativa, a forte base volontaristica, andrà naturalmente sostenuta, anche perché l’utilità effettiva presuppone il costante tempestivo aggiornamento dei dati a scanso di divenire controproducente. Apprezzata anche la decisione, per vero "coraggiosa", di rendere pubblica, a mezzo del medesimo sito, la relazione del Presidente sull’andamento del Tribunale.

In sostanza è da dire che, premesso un impegno particolare ed una collaborazione tra Magistratura e Foro non comuni, il locale Tribunale sarebbe in grado progressivamente di rendere giustizia in termini "decorosi" alla essenziale condizione che vi fosse, da parte dello Stato, quell’adeguamento ulteriore che consentisse di disporre senza interruzione dell’organico previsto.

In pratica, un certamente "consistente", ma altrettanto certamente non percentualmente elevato maggior impegno dello Stato, consentirebbe di pervenire ad una Giustizia decorosa, in un Tribunale che, a leggere le pur tanto poco attendibili statistiche, si pone come Tribunale "medio" nell’unico rapporto certo, che è quello tra popolazione e numero dei magistrati.

Tanto più cocente e profondo è dunque il rammarico se non si volesse finalmente compiere quel passo, grande ma non smisurato, che è necessario.

Per quanto alla Corte d’Appello possiamo solo esprimere il nostro sentito augurio al nuovo Presidente Dusi, prima di tutto per la sua salute e quindi per l’impegno di recente assunto e che egli ha affrontato con decisione e capacità.

I Consigli dell’Ordine, ed è importante segnalare il significativo consenso che ha ottenuto dagli altri Consigli del Distretto, l’iniziativa assunta da quello di Trieste, hanno aderito alla richiesta di collaborazione che il Presidente Dusi ha fatto in tema di trascrizione delle sentenze: è stato un gesto di buona volontà e di fiducia, che, siamo certi, sarà corrisposto da altrettanto impegno.

Ogni giudizio verrà quindi a tempo debito.

Infine, chiudo con un punto di soddisfazione nel constatare che il Foro di Trieste sarà sede di uno dei Tribunale dell’industria di prossima istituzione.

Era una delle precise richieste che, anche nella veste di Presidente del Triveneto, avevo rivolto al Ministro Castelli nella sua recente visita a Trieste: le due sedi di Venezia e Trieste costituiscono un’apprezzata, positiva, risposta. Di ciò ringrazio anche i parlamentari che si sono interessati del problema.

Concludo, pur molto essendoci da aggiungere, con l’associarmi alla richiesta del Ecc.mo Procuratore Generale a che sia data apertura all’ Anno Giudiziario.