Il sistema delle notificazioni tra Italia e Slovenia.

Avviso per il Lettore: il lavoro è edito con parziali modifiche in Riv. Dir. Intern. Priv. e Proc., CEDAM, 2000, 981 e ss.

di Arturo Picciotto

giudice presso il Tribunale di Trieste

I rapporti tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Slovena, in tema di notificazione di atti giudiziari, sono ancora oggi regolati dalla Convenzione bilaterale di Roma del 3.12.1960.

Si deve precisare che tra Italia e Slovenia è tuttora vigente la Convenzione multilaterale dell’Aja del 1 marzo 1954, concernente la procedura civile e che contiene significative previsioni anche in materia di notificazioni di atti giudiziari: l’art. 6 di tale convenzione espressamente prevede la facoltà di ricorrere a mezzi di notificazione più rapidi e diversi rispetto a quelli tradizionali, ma "soltanto se sia ammessa da convenzioni intervenute fra gli Stati interessati, ovvero se, in mancanza di convenzioni, lo Stato nel cui territorio deve farsi la notificazione non si opponga"; poiché la Convenzione bilaterale di Roma del 3.12.1960 non contiene alcuna previsione specifica al riguardo, come vedremo, ne deriva che anche le norme più innovative della Convenzione dell’Aja del 1 marzo 1954 rimangono inapplicabili.

La Convenzione bilaterale, dopo quarant’anni di vita, può essere considerata oggi un residuato giuridico, non più in grado di rispondere alle mutate esigenze politiche, sociali, giuridiche, commerciali dei due Paesi; essa è stata ideata in un contesto sicuramente diverso da quello attuale e non si discosta poi molto da quelle che erano le più rigide regole internazionali vigenti nel settore. Così, si prevede che gli atti giudiziari, destinati a persone residenti o dimoranti sul territorio di una delle due Parti contraenti, vengano trasmessi direttamente, da una parte a mezzo del Segretariato di Stato, e da parte Italiana a mezzo del Ministero della Giustizia; solo in casi giustificati di estrema urgenza le autorità giudiziarie competenti dei due Paesi possono corrispondere direttamente tra di loro: rimane salva la facoltà per i due Paesi, per il caso di notificazioni a propri cittadini, di far consegnare direttamente gli atti giudiziari tramite i rappresentanti diplomatici o consolari. La lettera di accompagnamento degli atti giudiziari deve essere compilata nella lingua ufficiale del Paese richiesto, cioè destinatario, e deve contenere la indicazione dell’autorità che ha emesso l’atto, della natura dell’atto, del nome e delle qualità delle parti, del nome e dell’indirizzo del destinatario. Invece gli atti giudiziari contenuti nella lettera di accompagnamento sono redatti nella lingua ufficiale del Paese richiedente, cioè notificante, e solo nei casi di assoluta urgenza essi sono accompagnati da una traduzione non asseverata nella lingua ufficiale del Paese richiesto. Per il resto la notificazione si perfeziona secondo le regole del Paese richiesto, il quale dovrà fornire la prova dell’avvenuta consegna sia con una ricevuta datata e firmata dal destinatario che con una propria dichiarazione attestante il fatto ed il modo della consegna; la dichiarazione di rifiuto da parte del destinatario equivale alla consegna dell’atto.

Come si vede, il sistema di notificazione appare molto macchinoso, lento, coinvolgendo le autorità diplomatiche dei due Paesi, malgrado le Repubbliche d’Italia e di Slovenia siano confinanti.

Per tale motivo, ma anche in considerazione dell’aumento dei traffici commerciali e quindi del contenzioso giudiziario, la prassi forense ha fatto ricorso a diversi sistemi di notificazione, a volte andando oltre le previsioni della legge: spesso le iniziative sono state assecondate dalla Autorità giudiziaria che, per pigrizia o per non pregiudicare situazioni di urgenza e di notevole rilevanza economica, ha preferito stendere un velo su pratiche espletate in violazione della Convenzione di Roma del 1960.

Il riferimento è a tutte quei sistemi di trasmissione, quali le notificazioni a mezzo telefax, di corriere internazionale, o più semplicemente del servizio postale secondo gli schemi della Convenzione Postale Universale che, per quanto di comune utilizzo ed in linea con i tempi, rimangono tuttavia praeter legem.

È lecito domandarsi se queste iniziative abbiano un fondamento giuridico o se i rapporti di notificazione tra le due nazioni rimangano ancorati alle vincolanti modalità viste poco sopra.

Conviene allora ricordare in primo luogo che la Repubblica Slovena non ha aderito alla convenzione dell’Aja del 15 novembre 1965, relativa alla notifica all’estero degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale: finanche tale Convenzione, secondo la quale vengono costituite nei Paesi aderenti delle Autorità centrali che rimangono in contatto diretto tra loro e che provvedono all'invio ed alla ricezione degli atti senza alcuna legalizzazione dei documenti o altra formalità equivalente, non prevede procedure di notificazione come quelle alle quali si è fatto riferimento in precedenza (telefax, corriere internazionale), ma solo lascia la possibilità di indirizzare direttamente l’atto giudiziario tramite la posta, salvo che lo Stato di destinazione dichiari di opporsi, facendo altresì salva la possibilità di stipulare in futuro accordi per individuare altre forme di trasmissione.

Esaminando la possibilità della notificazione a mezzo del servizio postale nel contesto dei rapporti giuridici attuali esistenti tra le due Nazioni, ed in particolare le disposizioni delle convenzioni adottate in occasione dei congressi dell’Unione Postale Universale, si osserva che l’art. 55 dell’accordo di Rio de Janeiro del 26.10.1979, concluso in occasione del XVIII Congresso, pur prevedendo che i Paesi accettino l’invio di raccomandate da consegnare a mani proprie, espressamente cita: "nel servizio postale internazionale non è ammesso il servizio della notificazione degli atti giudiziari e pertanto gli uffici postali non dovranno accettare tali atti a destinazione dell’estero con le formalità stabilite per il servizio interno"; solo se il Paese di destinazione esegua il servizio di invio di raccomandata da consegnare a mani proprie, allora potrà essere effettuato l’inoltro di atti giudiziari ma solamente su richiesta degli uffici giudiziari (e non quindi dei privati, ancorché per il tramite degli ufficiali giudiziari) facendo uso del servizio istituito per le normali raccomandate con avviso di ritorno, con esclusiva consegna a mani del destinatario: la Repubblica di Iugoslavia non ammetteva tale servizio e non risulta che nella successiva dichiarazione di successione la Repubblica di Slovenia abbia innovato alcunché rispetto alla precedente posizione.

È necessario quindi che una altra norma preveda la possibilità per la parte nel processo civile di ricorrere all’uso del mezzo postale.

Nell’ordinamento italiano tale norma potrebbe essere la cd. legge consolare che all’art. 30 stabilisce che la autorità consolare provvede direttamente o tramite le autorità locali, in conformità alle convenzioni internazionali ed alle leggi dello Stato di residenza, alla notificazione degli atti ad essa rimessi, ed all’art. 91 che "le notificazioni cui la autorità consolare provveda direttamente sono eseguite mediante raccomandata con ricevuta di ritorno o, qualora ciò non sia possibile, con altro idoneo sistema di comunicazione". È ben vero che tale norma dovrebbe essere applicata solo quando i destinatari sono cittadini italiani, ma si è sostenuto che, avendo rilevanza in diritto internazionale gli usi (richiamati anche dalla stessa legge consolare all’art. 2), si potrebbe ritenere che le modalità di notifica previste dalla legge consolare possano esperirsi anche nei riguardi del destinatario non cittadino italiano se il Paese in cui risiede il destinatario non si opponga. La spedizione dovrebbe dunque avvenire dall’Italia verso il consolato italiano nel Paese di destinazione, e qui il piego dovrebbe essere inoltrato con raccomandata con ricevuta di ritorno. Ma questa è solo una proposta interpretativa.

C’è poi da dire come, sia in questa ultima ipotesi come per quella delle notificazioni secondo le disposizioni delle convenzioni adottate in occasione dei congressi dell’Unione Postale Universale, appaia piuttosto ipocrita pensare che il destinatario o il suo Paese di appartenenza, il primo ricevendo l’atto con consegna del piego a mano o ritiro dello stesso, ed il secondo permettendone il transito, abbiano direttamente e consapevolmente manifestato la volontà di non opporsi a tale sistema di notificazione: infatti prima della apertura del piego nessuno è in grado di sapere che la busta rossa, utilizzata nel sistema postale dell’Unione Postale Universale, contenga un atto giudiziario: anzi proprio in virtù del disposto dell’art. 55, sopra citato, il destinatario può tranquillamente escludere che il piego contenga un atto giudiziario, del quale non v’è nessuna pubblicità o segnalazione esterna, come invece accade normalmente in caso di notificazione di atti giudiziari: si è infatti visto come la amministrazione postale del singolo Paese non dovrebbe addirittura dare corso alla notificazione se solo appaia all’esterno che la busta contenga un atto giudiziario.

Ancora, si osserva che in nessun caso potranno trovare applicazione norme meramente interne allo Stato, quale quella sulle notificazioni a mezzo posta di cui alla legge 20.11.1982, n. 890 e, più in generale, le stesse norme del codice di procedura civile: la Giurisprudenza ha chiarito che "con riguardo a notifica a persona residente all'estero, l'affissione dell'atto da notificare all'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede è prevista solo nella ipotesi residuale di notificazione effettuata a norma dei primi due commi dell'art. 142 cod. proc. civ., qualora, cioè, sia risultata impossibile la notificazione medesima in uno dei modi consentiti dalle convenzioni internazionali o per via consolare, a norma degli artt. 30 e 75 D.P.R. n. 200 del 1967".

La stessa Suprema Corte di Cassazione ha mostrato di non ritenere valide altre vie all’infuori di quella stabilita nella Convenzione in esame: le Sezioni Unite hanno insegnato che in caso di ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di soggetto domiciliato in Iugoslavia, la fissazione del termine, entro il quale eseguire la notificazione, deve tenere conto dell'applicabilità della convenzione italo-iugoslavia del 3 dicembre 1960, e, quindi, dei tempi occorrenti alle complesse modalità fissate dagli artt. 4 e segg. di tale convenzione; in motivazione si legge, poi, che solo in caso di impossibilità di seguire le prescrizioni della Convenzione e della legge consolare (artt. 30 e 75 del D.P.R. n. 200 del 1967) sarà possibile fare ricorso al procedimento previsto dall'art. 142 c.p.c.. Ancora di recente la Cassazione ha poi ribadito che solo in presenza di convenzioni internazionali è possibile ricorrere alle notificazioni processuali a mezzo del servizio postale, secondo le modalità di consegna proprie dei regolamenti interni del Paese di destinazione.

Tirando le conclusioni di quanto fin qui esposto, deve dirsi che attualmente non si rinviene alcun fondamento per le prassi forensi e giudiziarie che, specie nel caso di provvedimenti cautelari, ricorrano a strumenti quali la notificazione a mezzo del servizio postale, ed ancor meno a strumenti quali il telefax o la consegna con corrieri internazionali o la rete INTERNET.

Non possiamo tuttavia dimenticare, quanto alle esigenze connesse ai procedimenti cautelari, un importante insegnamento della Corte Costituzionale italiana. Si ricorderà che la Corte di Cassazione aveva rimesso gli atti alla Corte Costituzionale ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 142, 3° comma, 143, 3° comma e 680, 1° comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 cost., nella parte in cui, prevedendo che il sequestro perdesse efficacia nel caso in cui il sequestrante non terminasse le prescritte notificazioni al sequestrato nel termine di quindici giorni dal compimento del primo atto dell'esecuzione della misura cautelare ed imponendo l'operatività di siffatta decadenza anche quando la notifica dovesse eseguirsi all'estero, con l'osservanza di modalità incompatibili con il suddetto termine, accomunava in un identico trattamento situazioni non omogenee e comprometteva il diritto di difesa del sequestrante, cui venivano assegnati, nel regime del sequestro anteriore alla riforma del 1990, tempi di esercizio che non ne consentivano compiuta realizzazione. La Corte Costituzionale con sentenza n. 69 del 03-03-1994, decise la incostituzionalità dei citati articoli, per violazione degli art. 3 e 24 cost., nella parte in cui non prevedevano che la notificazione all'estero del sequestro conservativo si perfezionasse, ai fini dell'osservanza del prescritto termine, con il tempestivo compimento delle sole formalità imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dagli art. 30 e 75 D.P.R. 5 gennaio 1967 n. 200: dunque al notificante doveva ritenersi richiesto solo l’onere di iniziare tempestivamente l’intera operazione di notificazione, senza che potesse andare a suo danno il tempo necessario per il suo perfezionamento. Secondo la dottrina tali considerazioni rimangono ancora oggi vigenti per il procedimento cautelare uniforme: inoltre il meccanismo dello sfalsamento del termine di notificazione è stato fatto proprio anche dal legislatore comunitario che nel recentissimo regolamento del Consiglio n. 1348/2000, all’art. 9, paragrafo 2, ha previsto che "se, nell’ambito del procedimento da avviare o in pendenza nello Stato membro mittente, un atto deve essere notificato entro un determinato termine, la data da prendere in considerazione nei confronti del richiedente è quella prevista dalla legge di detto Stato membro".

In via propositiva, al fine di ovviare al macchinoso meccanismo di notificazione, si ricorderà che per i casi giustificati di estrema urgenza l’art. 4, comma 2, della Convenzione bilaterale italo-slovena abilita le autorità giudiziarie competenti dei due Paesi a corrispondere direttamente tra di loro; da una personale indagine presso l’Ufficio Unico delle notificazioni della Corte d’Appello di Trieste, non risulta che tale procedura sia mai stata attivata per il caso di notificazioni, ma potrebbe non risultare del tutto infondato pensare che l’Ufficio richiedente, stimolato dalla parte in causa, trasmetta il piego anche a mezzo del servizio postale o anche via fax al competente Ufficio Giudiziario del Paese destinatario e che questo, una volta ricevutolo, provveda alla immediata notificazione a mezzo degli ufficiali giudiziari: l’appiglio normativo potrebbe essere costituito dalla previsione, altrimenti negletta, dell’art. 151 c.p.c..

Per completare il quadro normativo di riferimento, si osserva che la Repubblica Slovena ha recentemente disciplinato il settore delle notificazioni nel proprio codice di procedura civile, il cui art. 135 statuisce che "quando la notificazione deve essere fatta a una persona fisica o giuridica in un Paese estero oppure a un cittadino straniero che gode di immunità, la stessa viene fatta in via diplomatica se non è diversamente previsto da Convenzioni internazionali", ed all’art. 146 introduce un particolare istituto, quello del delegato incaricato a ricevere gli atti, sconosciuto al nostro ordinamento italiano ed al quale sarebbe il caso di dedicare una qualche attenzione, atteso che il legislatore comunitario nel regolamento del Consiglio del 29.5.2000 lascia aperta la possibilità di una partecipazione di figure non pubbliche al procedimento di notificazione.

Conclusivamente, si osserva che per non paralizzare la tutela giudiziaria dei diritti e con essa gli stessi scambi commerciali tra i due Paesi confinanti parrebbe opportuna una iniziativa politica volta a favorire la adesione della Repubblica slovena alla Convenzione dell’Aja del 15 novembre 1965, relativa alla notifica all’estero degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale, alle cui forme di notificazione - evidentemente ancor attuali - si richiama per larga parte anche il recente regolamento comunitario più volte citato; solo in via subordinata sarebbe auspicabile l’aggiornamento della convenzione bilaterale, la cui originale previsione di cui all’art. 4, comma 2 circa il contatto diretto tra autorità giudiziarie merita comunque la dovuta evidenza, siccome espressione di una cooperazione tra organismi giudiziari in linea con le più attuali previsioni del Terzo Pilastro.